L'isola che NON cè

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F.Calabrese
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L'isola che NON cè

#1 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:48

Come accennato nell'altro thread, ho fatto un esperimento, tentando di intavolare un dialogo con quelli che si definiscono "tecnici audio" al più alto livello, nel forum che essi frequentano, vale a dire ZioForum.

Il risultato sono i post che seguono ed una corrispondenza privata che mi dispiace di non potervi far leggere, ma che sarebbe massimamente illuminante del degrado culturale e sociale irreversibile causato da trenta anni di diseducazione tecnica...

Dinanzi a tanto io mi sono arreso, decidendo di dedicarmi integralmente alle perizie fonometriche...

Cordiali Saluti
Fabrizio Calabrese

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Re: L'isola che NON cè

#2 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:50

di F_Calabrese » mar gen 10, 2012 12:30 pm

Un paio di anni fa intervenni su ZioForum, prospettando un possibile percorso che portasse ad elevare le competenze e -con questo- gli onorari professionali di fonici e tecnici audio, perlomeno negli impieghi di alto livello, quelli dei grandi Service.

La disponibilità di diffusori attivi in plastica, magari Made in China, ha infatti abbassato talmente i costi di sonorizzazione di piccoli spazi (Pub, Discoteche, Sale Convegno....) da rendere il tecnico progettista assolutamente inutile e comunque non retribuibile che per le sue funzioni di elettricista o di trasportatore. Nulla che i tecnici potessero impedire... semplicemente una battaglia persa in partenza...

Ai livelli dei grandi concerti, invece, si era aperto già nel 1991 un interessante spiraglio: la normativa anti Inquinamento Acustico, sfruttando la quale sarebbe stato possibile sin da allora predisporre gli impianti dei Service italiani in modo di essere "a norma", mentre non lo sarebbero stati quelli dei sistemi provenienti dall'estero al seguito dei tanti Tour.
Ne sarebbe derivata una quantità di "aree protette" (p.es. San Siro, a Milano, o lo Stadio Flaminio di Roma...) dove gli artisti stranieri avrebbero dovuto ricorrere ai Service italiani, avendo come alternativa quella di suonare con il tecnico ASL/ARPA accanto al mixer, con i VVUU pronti a redigere il verbale al minimo superamento dei limiti.

Non solo i Service italiani trascurarono questa possibilità, ma nessuno di loro si accorse del fatto che il passaggio dai "compatti" ai Line Array avrebbe comportato un aumento dei livelli di Inquinamento Acustico alle abitazioni di almeno dieci volte, puntualmente verificatosi parecchi anni dopo... Esiste infatti un motivo tecnico per cui, a parità di livello sonoro sugli ascoltatori, un Line Array può arrivare ad un chilometro ancora a livelli da tener sveglio un quartiere.

Qui occorre aprire una parentesi: quanti sono gli spazi "da concerto" in Italia, che siano distanti più di un paio di chilometri dalle abitazioni più vicine...??? NESSUNO, vero ???
Altra piccola parentesi: non è per caso l'Estate la stagione in cui i Service lavorano di più ? E non è la stagione in cui in Italia si dorme solo a finestre aperte...??? Meditate...

Dopo il colpo al cerchio, ecco quello alla botte: per convincere un Service italiano a fare a meno del "blasone" dell'impianto Meyer, Martin o giù di lì, forse ci volevano più risorse e sforzi di quanti valesse la pena porre in campo, da parte di chiunque. Nel 99 per cento dei casi arebbe stata una battaglia perduta sin dalla prima mossa...


ORA, NEL 2012, UNA NUOVA POSSIBILITA' SI AGGIUNGE a quella -ancora mai sfruttata- della "messa a norma" in materia di Inquinamento Acustico. Il problema della sicurezza delle strutture si va riproponendo in termini assai diversi che in passato.

Dimenticando per un attimo il caso Trieste, dovremmo far tutti attenzione ad un particolare che è talmente sotto gli occhi di tutti da essere facilmente ignorato: il cambiamento climatico. Personalmente me ne sono dovuto render conto quando ho riaperto la casa di villeggiatura, che ha un piccolo giardino con alberi che hanno resistito per decenni alle normali piogge ed al normale vento, ma che hanno subito gravi danneggiamenti dalle folate fortissime e dalle piogge torrenziali, violentissime, di queste ultime tre estati... Non occorre ricordare i tanti casi di cronaca, per capire tutti e bene che alcune manifestazioni meteorologiche hanno assunto, da pochi anni a questa parte, una connotazione più "tropicale" di quella tradizionale per le nostre latitudini. Sarebbe il caso che se ne tenesse conto.

Ora arriviamo al punto delicato: immaginate che fosse possibile ridisegnare gli allestimenti dei grandi Concerti, in modo di renderli meno vulnerabili rispetto ad eventi atmosferici improvvisi... ed immaginate che questo potesse accadere in una prospettiva in cui una parte delle risorse attualmente spese in tralicci e scenografie venisse dirottata in favore Dei Service Audio (ed anche Luci, vedremo)...

Ecco: secondo voi, c'è speranza che -almeno nel clima di crisi che incombe- si faccia a meno di fare il "tiro al piccione" su chi prospetta innovazioni utili ed economicamente vantaggiose ?

Lo ripeto in parole più semplici: "sarebbe possibile che un numero di Tecnici Audio, convinti della bontà delle nuove prospettive ed intenzionati a conseguirne maggiori utili, potesse incoraggiare (e non combattere) queste innovazioni ???"

E' una domanda che vorrei riproporre al termine di una discussione pacata, fatta soprattutto della ricognizione dei semplici fatti, in massima parte già accaduti.

Mi si perdoni la lunghezza dei testi.

Cordiali Saluti
Fabrizio Calabrese

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Re: L'isola che NON cè

#3 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:51

di F.B. » mar gen 10, 2012 2:16 pm

Già gli stranieri non ci vogliono venire in Italia a suonare così com'è oggi, ci manca solo che li obblighiamo a usare i service italiani (che peraltro sarebbero tranquillamente all'altezza) così proprio non ci vengono più!
Ad esempio proporresti agli U2 di fare il tour che hanno fatto con i service locali?
La vedo un po' complicata...

F. B.

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Re: L'isola che NON cè

#4 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:53

di B. » mar gen 10, 2012 2:51 pm

f. ha scritto:
Già gli stranieri non ci vogliono venire in Italia a suonare così com'è oggi, ci manca solo che li obblighiamo a usare i service italiani (che peraltro sarebbero tranquillamente all'altezza) così proprio non ci vengono più!
Ad esempio proporresti agli U2 di fare il tour che hanno fatto con i service locali?
La vedo un po' complicata...

Purtroppo concordo, ed aggiungo: usare service italiani con materiale fuori standard (per loro) e che neanche gli artisti italiani vogliono usare....
Queste sono crociate impossibili da affrontare e forse ci sono cose piu' importanti da dibattere.
In sincerita' se Ligabue e Vasco devono suonare "piu' piano" non me ne frega niente: sono due concerti contro migliaia e migliaia di altri eventi e con altri budget.
Allora la mia domanda e':
vogliamo continuare a "progettare" un mercato con normative e contratti vari etc etc basandoci su un numero di allestimenti così ristretto?
Mi spiego meglio: sarebbe come rifare le autostrade e il codice della strada omologando tutto alle Ferrari di formula 1......

Sono perplesso......

B.

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Re: L'isola che NON cè

#5 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:54

di h. » mar gen 10, 2012 3:05 pm

Ci vorrebbero più B. in Italia...

No dico sul serio! Sulla dissertazione di Fabrizio non volgio entrar in merito per adesso. Fabrizio vuole fare un discorso magari un minimo più "ampio" (non dico teorico) e vorrebbe cercare di far capire la sua visione delle cose. Vediamo come si sviluppa la conversazione.

Certo è che quello che dice B. è sacrosanto! E chi crede che il settore lo facciano le tre o quattro grandi produzioni all'anno si sbaglia di grosso. Molti negli anni hanno fatto il loro mestiere come "rental medio" facendolo bene e senza incorrere in ansie da prestazione ossia: voglio l'impianto X per essere figo e per fare gli styadi o il mixer Z per poter avere 120 ch di input list.
Le domande giuste sono ma come oggi: chi e quanti fanno concerti negli stadi? Chi fa lavori che necessitano di 120 ch di input list? Etc. Etc. Etc.

A. C.

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Re: L'isola che NON cè

#6 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:56

di k.d. » mar gen 10, 2012 3:32 pm

Io la vedo ancora piu' drasticamente e sono molto meno diplomatico:
Fabrizio, il tiro al piccione lo stai facendo tu, ma all'interno della tua (nostra) piccionaia, e tutto per far mangiare ai piccioni solo graniglia italiana. Vade retro.

Poi il cambiamento climatico che c'entra?

E secondo te chi ha comprato Meyer Martin etc dovrebbe buttare tutto per comprare made in Italy? e perche'? Siamo in Europa ed esiste il libero commercio globale, e te sembri solo un misero Don Chisciotte.

Il discorso Line Array e inquinamento acustico non regge, se n'e' parlato piu' volte, e te pensi solo allo stadio Flaminio o S.Siro, dove i limiti sono gia' imposti. Poi se ancora a 1 km senti della musichetta (con autorizzazione in degora) perche' hai la finestra aperta, sara' bene che la chiudi anche se fa caldo. Le leggi dovrebbero prima imporre all'edilizia di installare finestre (e costruire muri) a bassa dispersione energetica e isolamento acustico, come avviene in altri paesi europei (vedi Germania). Medita un po' te che mi sa che ti manca: sei capace solo di dar la colpa all'ultima cosa che crea il problema, come dire che se uno viene messo sotto da una auto e muore, e' esclusivamente per colpa del paraurti anteriore...(l'hai detto anche a riguardo della cassa che ha colpito il povero ragazzo di Trieste...la colpa era della cassa perche' pesava troppo...)

Il tuo auspicare il controllo continuo costante ed oppressivo dell'ASL/ARPA con i verbali pronti a scattare, sa di reminescenza del ventennio Mussoliniano, che a me e penso a tutti noi fa schifo, di questi tempi poi ancor piu'. Vade retro ancora.

Pensare che i tecnici possano venir pagati di piu' perche' le produzioni possono risparmiare con le tecnologie che suggerisci, e' mera illusione.

Come e' illusione la tua frase: "sarebbe possibile che un numero di Tecnici Audio, convinti della bontà delle nuove prospettive ed intenzionati a conseguirne maggiori utili, potesse incoraggiare (e non combattere) queste innovazioni ???"
Risposta: no, e' una cazzata e non siamo convinti che siano "buone prospettive". I maggiori introiti si conseguono con maggiore professionalita', piu' concerti tutto l'anno, piu' soldi per la cultura e una anche se pur minima copertura previdenziale e sociale per i lavoratori dello spettacolo itierante, che in Italia non c'e' e quella che c'e' non funziona. (Vedi Francia da cui prendere esempio).
Piu' lavoro si e' ottenuto con l'avvento dei Line Array, che ora vengono montati da PA Man e non da semplici facchini impilatori. Sono centinaia di nuove figure professionali, i piu' altamente qualificati. A questi si aggiungono Scaff e Rigger (di cui i primi sono ancora da qualificare, a mio personale avviso).

ciao

PS: leva tutti i miei post (firmati k.d.) che hai copiato da questo portale sul tuo. Non rispondo sul tuo portale, men meno mi ci iscrivo, e rispondo solo qui. Ti s'era gia' detto ma ancora non l'hai fatto. Non ho voglia di ripetermi.

PPS: sull'isola che non c'e', vacci da solo.
I. L. (moderatore)

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Re: L'isola che NON cè

#7 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:57

di F_Calabrese » mar gen 10, 2012 3:53 pm

Sarò fuori per un giorno, per una perizia, ma per fortuna avevo già preparato i post introduttivi a quelle che sono le mie idee, per cui ve li posto qui di seguito. Con l'occasione ringrazio Hucchio per l'apertura e mi riporometto di rispondere a K.d. solo alla fine.
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Inizio qui con alcune osservazioni -in parte tecniche, in parte sociologiche- sulla imprevedibile evoluzione dell'Audio Professionale, sia in Italia che all'estero, in questi ultimi 30 anni.

Il titolo è dedicato ad un'isola felice, il cui ricordo -sbiadito dal tempo- conservo ancora con tanto amore: erano i miei primi anni di lavoro, a progettare monitor da palco e sistemi P.A. a tromba, come l'Audiometric e l'HQ (Horn Quake).
Il sole che splendeva sul cielo di quell'isola e che ne profumava l'aria era quello della semplicità: io ero pagato per far suonare impianti che dovevano costare ed ingombrare meno delle uniche alternative commerciali allora disponibili a costi ragionevoli, vale a dire gli impianti da cinema. Se l'impianto suonava ed era trasportabile... io ero pagato decisamente bene, e come me erano ben pagati i tecnici che avevano partecipato all'assemblaggio ed all'impiego dell'impianto... Punto.

Prima di me e di Dave Martin, un certo Stan Miller aveva inventato la figura del "P.A. designer", riuscendo (oggi direi "miracolosamente") a mettere insieme un puzzle con trombe di lamiera (le Manta Ray) e medio bassi più o meno a tromba (oggi il Minimostro di Di Prinzio !) e qualche Sub, il tutto talmente ben suonante da accompagnare il primo tour dei Pink Floyd in USA.

Il bello di quel periodo è che gli approcci erano assolutamente alternativi: Stan Miller impiegava casse da cinema con trasduttori più potenti... Dave Martin invece spremeva anche l'ultimo dB da modesti RCF... Harwell (di Tasco) inventava il "compatto" (ahinoi !), mentre gli ineffabili fratelli Clair dominavano il mercato con le loro scatole-di-legno-con-i-buchi-per-avvitarci-sopra-gli-altoparlanti... noleggiate cento alla volta, diciamo a peso... Alternativi ma conviventi...

Molti di voi sarebbero sorpresi nell'apprendere che, a parità di trasduttori, le diverse configurazioni di impianti erano più o meno equivalenti, come è emerso da questo studio, di anni successivo: http://nuke.fabriziocalabrese.it/Portal ... ES_SIB.pdf

Al di là della maggiore o minore "imperfezione tecnica", questi impianti avevano appunto il merito di proporsi sul mercato come alternative di pari dignità, per cui il singolo artista (o manager) poteva scegliere tra le diverse proposte, e scoprire poi -strada facendo- di aver preso o meno una costosa bufala... rispetto alla quale vi sarebbe stata comunque facile alternativa in occasione del successivo tour...

Stiamo parlando di un mercato sostanzialmente sano, sebbene ruspante... dove gli investimenti venivano premiati e producevano utile a brevissimo termine...

Per chiudere il capitolo, una osservazione tecnica: per amplificare un Palasport da 15 mila spettatori bastavano ed avanzavano 20 KWatt di amplificazione... I livelli in dB erano quelli di oggi, ma mancava l'ottava tra 20 e 40 Hz... sconosciuta...!

Ultima nota: gli impianti si montavano su poverissime "alette", di solito 6 X 4 metri, ad altezza teste o poco più, da cui quell'orrendo ed inevitabile buco nella risposta a 120-160 Hz, dato dalla propagazione radente...

Segue
F.C.

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Re: L'isola che NON cè

#8 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:57

di F_Calabrese » mar gen 10, 2012 3:54 pm

Arriviamo agli anni '80, quando molte importanti Aziende scoprono che avere un proprio impianto appeso ai lati o sopra al palco di uno dei rocker di grido poteva essere una potentissima promozione per vendere le versioni scalate di quegli stessi diffusori a discoteche, giostrai e persino ai suonatori di country e liscio...

Ma una grossa Azienda significava, all'epoca, anche una grossa falegnameria (addirittura una di queste "Big" era poco più che la falegnameria stessa...!). Per questo i costi di un diffusore "compatto", replicato a decine di unità, finiva per essere comunque concorrenziale, anche rispetto alla realizzazione artigianale messa insieme dai tecnici del produttore o dell'artista, sulla base del disegno di un progettista...

Chi non sapeva nulla di Elettroacustica (quasi tutti, in campo Pro) non poteva immaginare che l'affiancamento di dieci o cento mid-bassi o drivers, distanti decine di centimetri l'uno dall'altro, non poteva che sortire l'annullamento di gran parte della loro emissione per via delle interazioni di fase negative...

Alcuni "esperti", come chi scrive, gridarono l'allarme, ma furono presi per visionari troppo interessati al proprio portafoglio...

Chi avrebbe invece dovuto fare più attenzione al proprio destino economico era la categoria dei "tecnici audio", che l'avvento degli impianti "compatti" aveva privato di molte preoccupazioni, ma -insieme- della loro stessa ragione di esistere, perlomeno come soggetti tecnicamente abili e culturalmente aggiornati...

Un impianto "compatto", infatti, produce prestazioni tipicamente degradate, tanto più quanto maggiore è il numero di diffusori e trasduttori impiegati... per cui avere un buon fonico al mixer o un simpaticone amante del whisky scozzese finiva per fare una minima differenza... per artisti e spettatori.

Allora, ricapitolando: le grandi falegnamerie/aziende fornivano cabinet con trasduttori avvitati (alla maniera dei Clair Brothers) a costi imbattibili... Ed i tecnici, appianate le competenze grazie alle limitazioni dei sistemi, non potevano che concorrere anch'essi al ribasso, in concorrenza tra loro... E così l'Isola che NON c'è scomparve nelle nebbie nordiche...

Artisti ed organizzatori di eventi ebbero servito su un piatto d'argento un colossale appianamento delle prestazioni e dei costi... Finalmente si poteva noleggiare un impianto da un simpatico trasportatore/noleggiatore/installatore... tre figure al prezzo di una...

Dal 1992 si diffuse a macchia d'olio una nuova configurazione di diffusori, i "Line Array", che mantenevano intatta una sufficiente parte delle cancellazioni per interazione di fase negativa, ma avevano il vantaggio di impiegare una trombetta a dispersione solo orizzontale: un elemento distintivo e facilmente brevettabile... Grazie a questo era -ora- più facile vendere delle scatole-di-legno-coi-buchi-per-avvitarci-gli-altoparlanti a prezzi da capogiro, salvo il provvidenziale sconto per il cliente-testimonial... quello che -con il suo sorriso a 32 denti- si beccava la copertina del mensile tecnico (gratuito) come "fonico dell'anno" (grazie alla pila di assegni postdatati firmati dal suo "capo"...).

Due osservazioni: i Line Array sono sorprendentemente omogenei in quanto a prestazioni, perché in fondo sono l'uno il clone dell'altro, a parte la forma della trombetta degli alti... Se ne può riparlare, per chi non dovesse credervi...

Altra osservazione fondamentale: i Line Array costringono il fonico a missare praticamente in mono(*), per cui il minimo margine residuato in favore della maggiore o minore bravura del singolo fonico o tecnico si è letteralmente sfarinato nel nulla... Con ulteriore e gradito risparmio per artisti ed organizzatori...

Un piccolo colpo di fortuna: negli anni dei Line Array gli ampli passavano da 4-500 Watt per canale ai 3-5 KWatt di oggi, e nella stessa misura aumentavano le potenze (di picco) dei trasduttori...

Segue
F.C.

(*): Missando in stereo, gli ascoltatori fuori asse riceverebbero un bilanciamento anomalo... Basta infatti collocarsi a più di un paio di metri dalla linea di equidistanza tra le due sezioni e si ascolta solo quella più vicina (per via dell'Effetto Haas).

F.Calabrese
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Re: L'isola che NON cè

#9 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:58

di h. » mar gen 10, 2012 4:11 pm

Oh My God

Te la fai e te la suoni da solo! Questa più che una discussione mi sembra una autobiografia.
Per me stai cercando clienti...

Speriamo che ne trovi qualcuno, così ci lasci in pace

Sig. Calabrese, con molta simpatia e stima ma così un regge

A. C.

F.Calabrese
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Re: L'isola che NON cè

#10 Messaggio da F.Calabrese » lunedì 16 gennaio 2012, 17:59

di F_Calabrese » mar gen 10, 2012 4:44 pm
h. ha scritto:
Oh My God

Te la fai e te la suoni da solo! Questa più che una discussione mi sembra una autobiografia.
Per me stai cercando clienti...

Speriamo che ne trovi qualcuno, così ci lasci in pace

Sig. Calabrese, con molta simpatia e stima ma così un regge


Oddio... cercar clienti in un momento di crisi economica come quello attuale è da incoscienti, ed io non credo di esserlo da diversi anni a questa parte.

Sul mio forum è comparsa una risposta molto precisa e molto simile ad una ipotesi che avevo già considerato: in segno di rispetto non la riporto qui.

Sono d'accordo sul fermarci a riflettere: forse è vero che non c'è alcuna via d'uscita all'orizzonte...

No... così decisamente non "regge" ! Hai ragione !

Cordialissimi saluti
Fabrizio Calabrese

P.S.: Ora non posso rispondere a K.d., ma domani sì...!

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