Così la pensavo nel 1991

Moderatore: Marcello Croce

Rispondi
Messaggio
Autore
F.Calabrese
Messaggi: 41590
Iscritto il: giovedì 23 settembre 2010, 16:18
Località: Roma
Contatta:

Così la pensavo nel 1991

#1 Messaggio da F.Calabrese » mercoledì 6 febbraio 2013, 19:51

Ho ritrovato il File originale (DOS) dell'epoca, e ve lo posto in cinque parti.

Una opinione

Due anni fa, del tutto sconfortato dal livello qualitativo dell'audio in occasione degli ultimi concerti cui avevo avuto modo di assistere, raccolsi l'invito di un editore a mettere per iscritto le mie osservazioni, scrivendo un lungo pezzo, poi pubblicato sulle pagine di un Annuario dell'Audio Professionale.

Oggi desidero raccontare ancora, se possibile ad un pubblico più vasto, quel grande disappunto per un degrado che da allora ad oggi non ha ancora trovato pausa.

Quello che segue è dunque un riassunto di quel articolo, scritto ora con una maggiore attenzione a non scendere troppo in dettagli tecnici, e con la incoraggiante constatazione di aver visto, in questi due anni, confermare, sulle pagine della stampa scientifica del settore, un numero di quelle che allora erano le affermazioni più irriverenti.

La vera realtà delle condizioni in cui opera chi si dedica alla amplificazione audio professionale è ben poco conosciuta sia dal grande pubblico che, ed è questo un grave problema, da un numero di operatori di settori contigui, dai promotori delle stesse manifestazioni musicali, agli amministratori locali, agli stessi artisti che se ne avvalgono.

Un simile clima di carenza di interscambio culturale è sicuramente alla base di uno stato di estremo ritardo nella applicazione di quanto le moderne tecnologie offrono, ed a costi insignificanti, per migliorare la qualità dell'audio offerta a tutti i possibili tipi di fruitori.

Cosi è ancora del tutto normale sentir parlare o leggere di argomenti -quali l'acustica degli Auditori- in termini che prescindono totalmente da tutto il novero delle più recenti acquisizioni scientifiche sull'argomento: nulla di grave se questo non comportasse stanziamenti abnormi di fondi pubblici, con poca convinzione sui possibili risultati da parte stessa di chi conduce avanti le varie iniziative e che conosce bene i grossi insuccessi incontrati spesso da chi si sia avventurato entro i canoni tradizionali della passata cultura acustica.

Almeno per quanto concerne il versante della acustica pura, dopo gli immani fiaschi nei progetti acustici della Filarmonica di New York ( Lincoln Center for the Performing Arts, 1962) e della Royal Festiva Hall, di Londra, esiste una grande modestia tra gli esperti del settore: nessuno praticamente si azzarda in affermazioni categoriche, pure se i mezzi culturali e tecnologici di oggi consentono risultati di un ordine di grandezza migliori di quelli vantati come la perfezione dagli "esperti" di una generazione addietro.

Al contrario, nel campo delle grandi amplificazioni, mancano del tutto o sono sommesse le voci dei veri esperti, di quanti cioè sono almeno a conoscenza del livello miserando della pratica odierna, perlomeno in rapporto alle effettive possibilità offerte dalla tecnologia.

Praticamente tutta la teoria scientifica attinente la tecnologia dei grandi sistemi di amplificazione audio data agli anni venti e trenta, alla introduzione del cinema sonoro: il rendimento e le prestazioni degli altoparlanti teorizzati e costruiti in quell'epoca distano pochissimo da quelli di oggi, come forse è vero in nessun altro campo della tecnologia.


Segue
F.C.

F.Calabrese
Messaggi: 41590
Iscritto il: giovedì 23 settembre 2010, 16:18
Località: Roma
Contatta:

Re: Così la pensavo nel 1991

#2 Messaggio da F.Calabrese » mercoledì 6 febbraio 2013, 19:52

Di allora e degli anni fino al secondo dopoguerra non si può non ricordare con ammirazione la estrema lucidità di quanti operavano, con mezzi ridotti e spesso al limite delle prestazioni fisicamente ottenibili con amplificazioni ingombranti e scomode, tutte a valvole e di potenze veramente minime, se paragonate agli standard di oggi.

Nemmeno la diffusione dell'Alta Fedeltà e dell'ascolto domestico in stereofonia hanno mutato di molto i connotati di un settore piuttosto conservatore della tecnologia, i cui standard qualitativi restano però ancora oggi ammirevolmente elevati, come testimonia la facilità con cui incisioni rare e d'epoca sono state trasferite, in questi ultimi anni, sul nuovo supporto a più larga diffusione, il Compact Disk.

Sul versante invece dei grandi impianti di amplificazione, abbiamo assistito ad una improvvisa e velocissima escalation dei livelli delle potenze in gioco: nella estate del 1973, in occasione del tour di Emerson, Lake e Palmer, comparivano sulla stampa del settore foto e note di meraviglia per la potenza dell'impianto di amplificazione...

La potenza dichiarata, per sonorizzare (casualmente...) lo Stadio Flaminio, era di ben 6000 (seimila) watt ma dalle foto non si vedeva altro che una coppia di amplificatori da 700 watt ciascuno, già ampiamente sufficienti a carbonizzare gli otto (!) coni da 38 cm., montati su ogni lato del palco in diffusori di grande ingombro e "scena", ma di ben poca efficienza: alle alte frequenze erano dedicati in tutto 10 "drivers" per lato (si chiamano così gli altoparlanti di maggiore potenza adatti a riprodurre le note e frequenze più alte), potenti ciascuno 20-30 watt al massimo...

Dodici anni dopo, in quello stesso Stadio Flaminio, un "Service" americano, noleggiato per un numero di eventi del massimo calibro (basta citare U2, Madonna, Michael Jackson...) dispiegava qualcosa come 360 dei leggerissimi e strapotenti eredi di quegli stessi ampli, naturalmente ciascuno in grado di sprigionare il doppio di energia rispetto ai due di E.L.P.: 123 i diffusori, ciascuno con due coni da 47 cm., quattro da 25 cm., due drivers da 60-100 watt e quattro tweeters dei più potenti esistenti...

Nelle specifiche fornite dai "Service" oggi si parla di sessanta o centomila watt e spesso ci vanno assai cauti: in occasione di uno degli ultimi concerti dei Pink Floyd, a Roma, ho contato, ad ogni lato del palco 85 amplificatori in grado di erogare tranquillamente dai 1200 ai 4000 watt ciascuno, a seconda della modalità di collegamento.

Questi titanici sistemi di amplificazione, il cui costo si misura direttamente in milioni di dollari e la cui operazione comporta anche oltre cinquanta persone solo per il montaggio, più la necessità di erigere ogni volta impalcature alte 10-12 metri per 15-20 di larghezza, riescono appena a soddisfare le esigenze in termini di pressione sonora e qualità dell'ascolto del pubblico di oggi, e nemmeno per l'intera area di uno stadio anche piuttosto piccolo, come il Flaminio, se, come è bene evidente, la qualità dell'ascolto peggiora nettamente nella metà posteriore del campo.

Dati spettacolari a parte, se un esperto di elettroacustica di appena una generazione addietro osservasse scanzonatamente le pratiche in voga presso i "Service" degli anni '80 ne uscirebbe quanto meno sconcertato, se non divertito assai.

Ad un esame attento degli elementi che compongono uno di questi impianti di amplificazione audio, emerge un tale numero di "sviste" e trascuratezze progettuali da confermare in breve che di vera progettazione ve ne è stata gran poca: semmai si tratta di una semplice moltiplicazione di unità che, singolarmente prese, si sono dimostrate di prestazioni adeguate.


Segue
F.C.

F.Calabrese
Messaggi: 41590
Iscritto il: giovedì 23 settembre 2010, 16:18
Località: Roma
Contatta:

Re: Così la pensavo nel 1991

#3 Messaggio da F.Calabrese » mercoledì 6 febbraio 2013, 19:52

Se chiedete ad un appassionato abbastanza esperto in Hi-Fi domestica un parere circa un diffusore in cui la gamma delle frequenze più alte sia affidata a più di un trasduttore, affiancato l'un l'altro ad una certa distanza, questi vi risponderà, con una certa sicurezza, che questo è il modo migliore per rendere poco uniforme la dispersione del diffusore: l'informazione l'avrà acquisita leggendo una delle numerose testate specializzate in Alta Fedeltà, ed è precisamente quello che nella pratica avviene.

La stessa domanda, posta al responsabile tecnico di qualche "Service", produrrà nella maggior parte dei casi risposte vaghe o ambigue: pochissimi si rendono conto che, montando l'uno accanto all'altro anche duecento potentissimi trasduttori per le alte frequenze, la dispersione di questi diventa irregolarissima ed imprevedibile.

Un bellissimo studio, comparso nell'aprile del 1990 sul Journal of Audio Engineering Society (che è l'organo scientifico più autorevole nel settore) conferma che il moltiplicare l'uno accanto all'altro un numero di diffusori potenti ma identici aumenta ben più il rendimento delle frequenze più basse di quanto non avvenga per quelle alte.

Ma dove è andata questa energia...? Parte è andata di certo perduta grazie a fenomeni di cancellazione da interferenza, altra, molta, moltissima, è stata invece semplicemente direzionata altrove...magari proprio in direzione delle palazzine al lato dello stadio.

A questo punto è il momento di citare una spettacolare conferma, che ho raccolto di persona misurando, proprio sul prato dello Stadio Flaminio, l'andamento rispetto sia alla frequenza che al tempo della emissione proprio del più potente sistema di rinforzo mai utilizzato in Italia, quello della Clair Brothers, un "Service" americano di solito noleggiato per gruppi come U2, Madonna, Michael Jackson.

Tutte le misure sono state effettuate con un analizzatore di Time Delay Spectrometry Techron TEF-12, ben più complesso degli strumenti di solito a disposizione delle Autorità competenti e probabilmente il più sofisticato sistema di rilevamento acustico esistente: le misure hanno confermato che l'attenuazione delle alte frequenze al variare della distanza non segue affatto il comportamento più auspicabile ed anche il fronte d'onda emesso dal sistema di amplificazione tutto mostra bene evidenti gli effetti delle diffrazione causati dai tre livelli in cui è stato necessariamente frazionato l'insieme dei diffusori.

Di qui a dedurre che una notevole parte della enorme energia acustica emessa da un simile impianto di amplificazione sia andata dispersa un p in tutte le direzioni verso l'abitato circostante il passo è davvero breve, e per nulla immotivate appaiono le proteste di quanti hanno dovuto subire indifesi una immissione acustica molte volte più violenta di quella, già tanto fastidiosa, del continuo rumore del traffico.

Di tutto ciò siamo davvero in tanti a dolerci: anche gli stessi artisti ed i proprietari dei "Service", costretti a subire, oltre agli incredibili oneri economici della gestione di questi sistemi-mostro, anche la continua minaccia di interruzioni agli eventi per opera della forza pubblica ( ricordate il vero e proprio blitz in occasione del concerto di Joan Armatrading al Teatro Tenda 7up...?), nonché le tradizionali denunce ed ammende.

Tutto questo per una semplice mancanza di vera progettazione: in tempi in cui l'energia costava ben più o non era affatto reperibile con la facilità di oggi, un sistema di amplificazione audio lo si sarebbe ingegnerizzato ponendo ogni attenzione allo scopo di evitare ogni effetto della diffrazione e tentando per quanto possibile di confinarne l'emissione dove effettivamente è desiderata, ovvero sul pubblico e solo su di esso.

Segue
F.C.

F.Calabrese
Messaggi: 41590
Iscritto il: giovedì 23 settembre 2010, 16:18
Località: Roma
Contatta:

Re: Così la pensavo nel 1991

#4 Messaggio da F.Calabrese » mercoledì 6 febbraio 2013, 19:53

Basterebbe infatti rispolverare tutta quella bellissima e dimenticata teoria, dispiegarla con i trasduttori sofisticatissimi che la tecnologia di oggi ci mette a disposizione, verificarne passo passo la effettiva congruenza nella applicazione per mezzo dei micidiali strumenti di misura di oggi, con i quali è possibile localizzare una emissione acustica con la precisione di qualche millimetro a cento metri ed oltre di distanza e che per questo sono spesso soggetti alle stesse limitazione di esportazione dei sistemi di arma più avanzati.

Non c'è alcuna scusante, oggi, nel riversare su migliaia di spettatori paganti (e quanto...) un suono sporco, poco o per nulla intellegibile nel parlato, feroce con i fans delle prime file quanto simile ad un grosso telefono appena più in là della metà posteriore di un campo di calcio.

Già...è perfettamente alla portata delle tecnologie di oggi, e nemmeno culturalmente una cosa da Premio Nobel, il progettare un sistema di amplificazione audio che possa fornire un suono nitido ed intellegibile, soprattutto uniforme per livello e timbrica per la massima parte dell'area occupata dal pubblico.

La vera novità, per molti una sorpresa, sta nel fatto che i costi di una operazione del genere sono in realtà inferiori a quelli attualmente di regola: se infatti l'emissione di energia acustica viene confinata al massimo e sulla sola area occupata dal pubblico, allora diventa possibile dispiegare potenze anche assai inferiori a quelle in uso oggi, pur raggiungendo sugli spettatori i livelli "emozionanti" che il pubblico esige.

Potenze inferiori significano un minor numero di altoparlanti e di costosissimi amplificatori, strutture di sostegno dal montaggio più veloce e di migliore aspetto, personale finalmente messo in condizione di lavorare in condizioni di sicurezza e non con i ritmi disumani che sono da tempo la regola nel mondo dello spettacolo.

Il fatto che in questi ultimi anni abbia preso piede un modo di operare nel campo delle grandi amplificazioni che è solamente culturalmente povero diventa tanto più sconfortante se si ricorda che sono esistiti, anni addietro, impianti veramente "grandi"e pensati per far ascoltare e divertire il pubblico, e non per innalzare un muro di legno, tubi Innocenti e cavi intrecciati.

Il grande sistema messo a punto dalla Alembic per i Grateful Dead ed il precedente impianto di Brittannia Row, il "Service" dei Pink Floyd, entrambi dismessi per far posto ai più economici sistemi attuali, erano sistemi con una vera progettazione alle spalle, ed in grado di vantare risultati musicali egregi soprattutto in rapporto allo stato della tecnologia alla loro epoca.

Come progettista e consulente in elettroacustica non posso che vivere con il massimo dispiacere il vedersi affermare ed il consolidarsi di una pratica di livello penosamente basso e la disaffezione del pubblico dai concerti che questa comporta per un molteplice ordine di motivi: non solo infatti la scarsa qualità dell'audio e la nocività dei livelli di pressione nei settori più avanzati del pubblico può aver influito sullo scarso successo di un numero di concerti della scorsa stagione estiva, ma, forse più di questi, il costo esorbitante dei biglietti, sul quale non possono non aver pesato le imponenti impalcature destinate a sostenere il solito impianto-mostro e la caterva di coni ed amplificatori di tanto ridotta efficienza.


Segue
F.C.

F.Calabrese
Messaggi: 41590
Iscritto il: giovedì 23 settembre 2010, 16:18
Località: Roma
Contatta:

Re: Così la pensavo nel 1991

#5 Messaggio da F.Calabrese » mercoledì 6 febbraio 2013, 19:53

Molto concretamente e di prima persona, ho raccolto in anni di lavoro una evidenza incontrovertibile a favore di configurazioni di impianti di rinforzo audio più avanzate culturalmente e soprattutto più controllate nella direttività di quelle attuali: alcune di queste configurazioni hanno trovato una realizzazione pratica anche in un paese finora tutt'altro che all'avanguardia, come l'Italia.

Chi ha mai ascoltato in operazione il grandissimo sistema sospeso del Palatrussardi (nelle rare occasioni in cui lo impiegano), avrà notato la forte differenza di livello che si rileva uscendo dalle aree occupate dal pubblico e la omogeneità dei livelli di pressione entro queste: sono solo quattro amplificatori a pilotare il sistema (che all'occorrenza può sopportarne oltre 50).

Chi ricorda il suono dei due grandi sistemi sospesi nel Palaeur di Roma, in occasione dei XVIII Congressi Nazionali sia della DC che del PCI, nel 1989, può avere una idea della maggiore intellegibilità del parlato emesso da un sistema direttivo, anche in un ambiente dall'acustica infausta come il Palaeur: non inviando energia acustica fuori dalle aree occupate dal pubblico (che è assorbente) si attenua, fino anche ad eliminarlo, il contributo negativo dell'acustica del locale ove si tiene l'evento.

Proprio per aver vissuto in prima persona queste esperienze, desidero far conoscere per quanto possibile che si può fare di più, a costi accessibili ed anzi inferiori agli attuali, per applicare ogni innovazione sia culturale che tecnologica al fine di ridurre il disturbo verso le aree abitate circostanti i luoghi ove si tengono i concerti di musica rock, garantendo al contempo una migliore qualità dell'audio per tutti gli spettatori presenti nelle aree dedicate ed anche un possibile contenimento dei costi dei biglietti di ingresso.

Per garantire anche il minimo successo ad una iniziativa del genere, che come me tutti gli operatori dell'Audio Professionale auspicano al massimo dei loro sforzi, è indispensabile non solo l'appoggio sincero di tutta la stampa e l'opinione pubblica, ma anche un impegno a mantenere nel tempo attenzione ed interessamento attivo, nonché un dibattito culturale acceso per tutto quanto concerne un aspetto imprescindibile dello spettacolo in senso moderno, e comunque un segnale ed una conquista di civiltà da acquisire oggi bene in ritardo per quanto già attuabile.

Roma 6 gennaio 1991.

Fabrizio Calabrese

F.Calabrese
Messaggi: 41590
Iscritto il: giovedì 23 settembre 2010, 16:18
Località: Roma
Contatta:

Re: Così la pensavo nel 1991

#6 Messaggio da F.Calabrese » giovedì 7 febbraio 2013, 0:02

Dimenticavo: l'articolo originale è questo:

http://nuke.fabriziocalabrese.it/Portal ... O_1991.pdf

Saluti
F.C.

Rispondi