La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

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F.Calabrese
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La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da F.Calabrese » martedì 24 aprile 2018, 23:43

Sabato scorso sono stato qui: http://www.nationalgeographic.it/wallpa ... refresh_ce

Ebbene... sia io che la mia compagna (che fotografa in grande formato da 30 anni) siamo rimasti letteralmente sconvolti dalla incredibile qualità di fotografie scattate nel 1890...

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SI'... avete letto bene... nel milleottocentonovanta...!

Foto stampate su due metri di larghezza e tuttavia nitide esattamente come quelle attuali, riprese -queste ultime- in 10 x 12,5 cm con obbiettivi Super Angulon da 90 mm. F:5,6. (armi da guerra... non giocattoli per fotoamatori della domenica...)

Ora voi mi domanderete... Ma con cosa si scattava nel 1890...?

Presto detto: le lastre erano grandi (24 x 30 o 20 x 25 cm) e gli obbiettivi erano -probabilmente- dei Goerz Dagor simmetrici, a sei lenti.

E dove sta la lezione...?

Beh... è presto detto anche questo: a quell'epoca c'erano obiettivi raffazzonati con quattro lenti, come il Globe... ma ve ne erano anche altri che erano il frutto del calcolo di matematici sottratti momentaneamente all'artiglieria (parlo degli obbiettivi da ritratto e da proiezione di Petzval)... ed infine c'erano anche obbiettivi progettati da matematici VERI, come appunto il Goerz Dagor, progettato da Emil von Hoeg...

http://www.lungov.com/wagner/c/097c.html

In campo elettroacustico abbiamo più di un equivalente: dagli ampli di Williamson e Peter Walker (Quad) ai JBL Paragon ed ai tweeters Decca-Kelly. Oggetti frutto di intelligenze avanti decenni rispetto ai loro tempi.

Saluti
F.C.

F.Calabrese
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da F.Calabrese » martedì 24 aprile 2018, 23:49

Dimenticavo... Non fate caso alla risoluzione che si vede sugli schermi: nelle foto in mostra si contavano UNO PER UNO tutti i sassolini, anche a decine di metri di distanza dalla fotocamera !!!

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Saluti
F.C.

F.Calabrese
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da F.Calabrese » mercoledì 25 aprile 2018, 0:01

Se volete farvi un'idea di quanto possano essere nitide le foto scattate con i Goerz Dagor... guardate qui: http://www.ronkleinphotos.com/lawrencezoom1111.html

Saluti
F.C.

l_pisani_54
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da l_pisani_54 » mercoledì 25 aprile 2018, 11:58

thread interessante.
La qualità, delle immagini e del suono, si è sempre ottenuta con oggetti "seri", poi tutte le macchine fotografiche fanno foto e tutti gli altoparlanti suonano, per chi si accontenta.
Ricordo ancora quando da ragazzo arrotondavo le mie entrate facendo servizi di matrimoni. Allora avevo una 6x6 modesta, una volta, l'amico che mi aiutava in questi lavori, fece alcuni scatti con una Nikon F2 ed il 105 Nikkor, che era allora molto ben considerato.
La differenza, in favore del 6x6, era così evidente che si potevano separare le foto fatte con le due macchine, solo con uno sguardo, su un formato non enorme, come il 20x25.
Se poi alla pellicola di grandi dimensioni uniamo un obiettivo di qualità molto elevata, non c'è storia.
La qualità costa e una volta costava molto di più. Per esempio, le lenti asferiche si fanno da molti anni, solo che ora è possibile lavorarle con dei macchinari, mentre in passato andavano lavorate a mano, con dei costi elevatissimi.
Oggi si producono obiettivi zoom con una escursione molto ampia, compatti e poco luminosi, visto che se la luce non basta, e sufficiente aumentare gli ISO, girando la rotellina. Sono comodi, però la qualità è nettamente inferiore ad un buon obiettivo a focale fissa prodotto magari parecchi decenni fa.
Leonardo

F.Calabrese
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da F.Calabrese » mercoledì 25 aprile 2018, 12:55

l_pisani_54 ha scritto:
mercoledì 25 aprile 2018, 11:58
...
Oggi si producono obiettivi zoom con una escursione molto ampia, compatti e poco luminosi, visto che se la luce non basta, e sufficiente aumentare gli ISO, girando la rotellina. Sono comodi, però la qualità è nettamente inferiore ad un buon obiettivo a focale fissa prodotto magari parecchi decenni fa.
Vero...verissimo...

Ho fatto delle prove, qualche mese fa... ed è stato un vero massacro per lo zoom moderno...

(che... prima del confronto... sembrava andare benissimo !)

Saluti
F.C.

Ute
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da Ute » mercoledì 25 aprile 2018, 12:57

Ma nella seconda foto, cosa è accaduto tra il primo e il secondo scatto? S'è riempito il canalone?
edit, ho guardato il link, impressionante...

F.Calabrese
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da F.Calabrese » mercoledì 25 aprile 2018, 15:04

Ute ha scritto:
mercoledì 25 aprile 2018, 12:57
Ma nella seconda foto, cosa è accaduto tra il primo e il secondo scatto? S'è riempito il canalone?
edit, ho guardato il link, impressionante...
Esatto... i ghiacciai vanno scomparendo... uno dopo l'altro...!

Una chiara indicazione che "qualcosa non va"... ma finché un tornado non spazzerà via le nostre case, nessuno se ne occuperà seriamente.

Esiste infatti la possibilità che si tratti di un fenomeno di naturale evoluzione, di cambio del clima.

Come è avvenuto centinaia di volte nella storia del pianeta.

Questa volta siamo noi ad osservare di persona, ma siccome siamo presuntuosi, ci fa piacere pensare che la colpa sia nostra (vedi CO2).

Saluti
F.C.

oblomov
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da oblomov » mercoledì 25 aprile 2018, 15:57

Il periodo della durata di tre secoli, approssimativamente tra il 1550 ed il 1850, è ricordato da tutti gli storici del clima come quello della Piccola Età Glaciale, un periodo di tempo caratterizzato da sbalzi climatici irregolari, inverni molto rigidi in campo europeo, e, soprattutto, da avanzate glaciali da parte dei ghiacciai alpini, che si spinsero in molti casi fino al limitare delle Vallate Alpine.
Ma questo periodo di freddo ebbe una sua influenza anche su molti altri campi, dalle produzioni di derrate alimentari, alle politiche di interi Stati , ma anche, in modo significativo, sulla produzione artistica, in modo particolare di dipinti dell’epoca.
I paesaggi spesso innevati con i corsi d’acqua congelati acuirono la fantasia soprattutto dei pittori fiamminghi, che, a partire dalla seconda metà del Cinquecento, cominciarono la produzioni artistica di quadri a stampo invernale, che mostravano la vita comune dell’epoca nel corso della stagione invernale.
Tale è la produzione di Pieter Brueghel il Vecchio, grande pittore fiammingo che, negli ultimi anni della sua vita, dipinse numerosi paesaggi di stampo invernale, oppure dell’Olandese Avecamp, che produsse numerosi quadri di giochi e pattinaggi sui corsi d’acqua congelati dei Paesi Bassi.
Nell’immagine, Henrick Avecamp, Paesaggio invernale con un mulino a vento, datato 1610

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http://www.supermeteo.com/inverni-della ... dellepoca/

oblomov
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da oblomov » mercoledì 25 aprile 2018, 15:59

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Il minimo di Maunder è il nome dato al periodo che va circa dal 1645 al 1715 e che fu caratterizzato da una attività solare molto scarsa, ovvero una situazione in cui il numero di macchie solari divenne estremamente basso[1]. È così chiamato dal nome degli astronomi solari britannici Edward Walter Maunder e Annie Russell Maunder che vissero tra Ottocento e Novecento, i quali scoprirono la mancanza di macchie solari in quel periodo studiando le cronache dell'epoca. Per esempio, durante un periodo di 30 anni durante il minimo di Maunder, gli astronomi osservarono solamente circa 50 macchie, invece delle normali 40.000 o 50.000.

https://it.wikipedia.org/wiki/Minimo_di_Maunder

Il Minimo di Spörer è uno dei grandi minimi dell'attività solare accaduti negli ultimi 11.000 anni.

Il Minimo di Spörer è un periodo di circa 90 anni compreso dal 1420 al 1540 d.c.[1][2] durante il quale il numero delle macchie solari fu molto minore dei periodi precedente e successivo, contemporaneamente il clima cambiò: questo periodo ha preso il nome dall'astronomo tedesco Friederich Spörer, vissuto nel XIX secolo. I confini temporali di questo periodo non sono ben definiti perché l'inizio e la fine furono graduali e quindi sono soggetti a valutazioni diverse secondo i diversi criteri di riferimenti usati dai ricercatori, senza contare che sembra esserci un ritardo tra la variazione dell'attività solare e la variazione climatica, ritardo stimato anche in venti anni[3].

Il Minimo di Spörer è uno dei 27 periodi di bassa attività solare che si sono succeduti negli ultimi 11.000 anni[4]. Il Minimo di Spörer è stato preceduto dal Minimo di Wolf e seguito dal Minimo di Maunder[5].

Il numero di questi periodi è sufficiente per poter distinguere questi episodi in due tipi differenti, il tipo Spörer della durata media di circa 120 anni e il tipo Maunder della durata media di circa 80 anni [6]: una delle differenze tra i due tipi di grandi minimi è la durata dei cicli solari, nel caso del minimo di Spörer si è conservata la periodicità undecennale [7].

Il Minimo di Spörer è avvenuto in un periodo precedente all'invenzione del telescopio per cui non si hanno osservazioni sistematiche ma solo osservazioni occasionali delle macchie solari. Questo fatto pone un problema per lo studio del ciclo undecennale dell'attività solare, il primo scoperto ed il principale tra i cicli solari: questo problema è però stato risolto con lo studio di fenomeni correlati alle variazioni dell'attività solare come le variazioni del carbonio-14 e del 10Be (10berillio), gli anelli annuali degli alberi, ecc. Dallo studio del 10Be si è visto che è esistito un periodo di circa 20 anni durante il quale i fenomeni derivati dal Minimo di Spörer hanno avuto il loro massimo, il ciclo undecennale del Sole è praticamente quasi scomparso mentre invece si è rilevato il ciclo settennale[8].

https://it.wikipedia.org/wiki/Minimo_di_Spörer

oblomov
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Re: La grande lezione che ci viene dalla Fotografia

Messaggio da oblomov » mercoledì 25 aprile 2018, 16:03

L'anno senza estate, conosciuto anche come l'anno della povertà e Eighteen hundred and froze to death (1800 e si moriva di freddo nei paesi di lingua inglese), fu il 1816, anno durante il quale gravi anomalie al clima estivo distrussero i raccolti nell'Europa settentrionale, negli stati americani del nord-est e nel Canada orientale[1]. Lo storico John D. Post lo ha battezzato "l'ultima grande crisi di sopravvivenza nel mondo occidentale".

Oggi si ritiene che le aberrazioni climatiche furono causate dall'eruzione vulcanica del Tambora, nell'isola di Sumbawa dell'attuale Indonesia (allora Indie olandesi), avvenuta dal 5 al 15 aprile 1815, eruzione che immise grandi quantità di cenere vulcanica negli strati superiori dell'atmosfera. Il vulcano Soufrière nell'isola di Saint Vincent nei Caraibi nel 1812, e il Mayon nelle Filippine nel 1814, avevano già eruttato abbondanti polveri e gas pesanti nell'atmosfera. Come è comune a seguito di grandi eruzioni vulcaniche, la temperatura globale si abbassò poiché la luce solare faticava ad attraversare l'atmosfera. Tali fenomeni si sovrapposero ad un periodo in cui si verificò il minimo di Dalton, durante il quale si ritiene che il Sole abbia emanato meno energia. In quel periodo, inoltre, era ancora in corso la cosiddetta piccola era glaciale, periodo di raffreddamento generale del pianeta che, dal medioevo, si protrasse fino al 1850.

https://it.wikipedia.org/wiki/Anno_senza_estate

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https://it.wikipedia.org/wiki/Minimo_di_Dalton

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