Ma è vero che i bassi sono monofonici ?
Inviato: martedì 17 settembre 2019, 19:50
Tempo fa abbiamo discusso sul fatto che fosse erroneo rilevare la misura della risposta in ambiente di DUE diffusori impiegando DUE generatori di Rumore Rosa scorrelati. La pratica corretta è quella di rilevare un diffusore alla volta, in modo di evitare artefatti utili a spianare la risposta in basso.
Quando se ne è discusso, io ho sempre fatto notare che la massima parte delle incisioni stereo ha pochissima o nessuna separazione alle frequenze più basse (diciamo sotto 150-200 Hz.) e questo per almeno tre motivi:
1)- All'epoca dei dischi in vinile era sconsigliabilissimo incidere i bassi non in fase nei due canali, perché questo avrebbe comportato una modulazione in grado di mandare in crisi qualsiasi testina. Esisteva un tacito divieto a farlo. Più tardi -in epoca digitale- la pratica dei bassi profondi monofonici è stata conservata, perché permetteva di utilizzare al meglio tutta la potenza di ampli e diffusori, sfruttando anche la mutua impedenza di radiazione (sotto 30-40 Hz).
2)- Le registrazioni multipista prevedono il panpottaggio tra i due canali, ma sempre in fase (tranne in quelle rare eccezioni in cui si impiega una piccola quota in controfase per allargare l'immagine stereo, ma questo non ha comunque senso farlo sotto 150 Hz.).
3)- Le diverse tecniche microfoniche di ripresa stereo prevedono praticamente sempre microfoni coincidenti o vicini un palmo tra di loro, per cui le basse frequenze arrivano in fase e con ampiezze simili ad entrambi. Solo la Decca ha impiegato microfoni più distanti, ma sempre poco rispetto alle lunghezze d'onda di frequenze inferiori ad un centinaio di Hz.
Per verificare se quanto sopra è vero basta scegliere un segmento musicale ricco di basse frequenze e confrontare gli spettri della somma in fase dei due segnali con quella in controfase (=differenza tra i due canali). Regolarmente troveremo che quest'ultimo spettro è assai povero di vere basse frequenze.
Fanno eccezione a questa "regola" pochissime incisioni, solitamente quelle meno commerciali. Sono quelle registrate in ambienti assai riverberanti e risonanti o quelle che impiegano per davvero due soli microfoni (direttivi): una vera rarità, al di là delle vanterie pubblicitarie.
Esiste però un modo ancor più semplice di verificare, che è quello di ingrandire un transiente (con molte basse) dopo averlo filtrato sotto 120/180 Hz con un filtro di Bessel, che altera minimamente la forma d'onda. Osservando le forme d'onda ingrandite dei due canali noterete l'estrema somiglianza e la coincidenza temporale dei picchi.
Ecco... io questa sera vi posterò al volo sei esempi, presi a caso tra i brani di ogni epoca.
Incominciamo da un brano del 1978: Le Freak, degli Chic.
Filtrando i due transienti sotto 180 hz essi appaiono praticamente monofonici "ictu oculi"...
Segue
F.C.
Quando se ne è discusso, io ho sempre fatto notare che la massima parte delle incisioni stereo ha pochissima o nessuna separazione alle frequenze più basse (diciamo sotto 150-200 Hz.) e questo per almeno tre motivi:
1)- All'epoca dei dischi in vinile era sconsigliabilissimo incidere i bassi non in fase nei due canali, perché questo avrebbe comportato una modulazione in grado di mandare in crisi qualsiasi testina. Esisteva un tacito divieto a farlo. Più tardi -in epoca digitale- la pratica dei bassi profondi monofonici è stata conservata, perché permetteva di utilizzare al meglio tutta la potenza di ampli e diffusori, sfruttando anche la mutua impedenza di radiazione (sotto 30-40 Hz).
2)- Le registrazioni multipista prevedono il panpottaggio tra i due canali, ma sempre in fase (tranne in quelle rare eccezioni in cui si impiega una piccola quota in controfase per allargare l'immagine stereo, ma questo non ha comunque senso farlo sotto 150 Hz.).
3)- Le diverse tecniche microfoniche di ripresa stereo prevedono praticamente sempre microfoni coincidenti o vicini un palmo tra di loro, per cui le basse frequenze arrivano in fase e con ampiezze simili ad entrambi. Solo la Decca ha impiegato microfoni più distanti, ma sempre poco rispetto alle lunghezze d'onda di frequenze inferiori ad un centinaio di Hz.
Per verificare se quanto sopra è vero basta scegliere un segmento musicale ricco di basse frequenze e confrontare gli spettri della somma in fase dei due segnali con quella in controfase (=differenza tra i due canali). Regolarmente troveremo che quest'ultimo spettro è assai povero di vere basse frequenze.
Fanno eccezione a questa "regola" pochissime incisioni, solitamente quelle meno commerciali. Sono quelle registrate in ambienti assai riverberanti e risonanti o quelle che impiegano per davvero due soli microfoni (direttivi): una vera rarità, al di là delle vanterie pubblicitarie.
Esiste però un modo ancor più semplice di verificare, che è quello di ingrandire un transiente (con molte basse) dopo averlo filtrato sotto 120/180 Hz con un filtro di Bessel, che altera minimamente la forma d'onda. Osservando le forme d'onda ingrandite dei due canali noterete l'estrema somiglianza e la coincidenza temporale dei picchi.
Ecco... io questa sera vi posterò al volo sei esempi, presi a caso tra i brani di ogni epoca.
Incominciamo da un brano del 1978: Le Freak, degli Chic.
Filtrando i due transienti sotto 180 hz essi appaiono praticamente monofonici "ictu oculi"...
Segue
F.C.