Marcello Croce ha scritto:Tutto quanto condivisibile quello che dite, puro buonsenso e ci mancherebbe altro.
Si faceva tanto per parlare in generale della qualità dei supporti e dei formati.
Ho avuto occasione di acquisire in analogico, con i vecchi multitraccia su 2", e mixare in analogico su 1/4" e 1/2": a volte è venuto fuori qualcosa di buono, a volte no, di certo non per colpa del registratore.
Ho avuto qualche occasione di acquisire in analogico su 2" e mixare su DAT: a volte è venuta fuori buona musica, più spesso no.
Ho avuto qualche occasione di acquisire in digitale sul Mitsubishi 850, e mixare su analogico 1/2" e contemporaneamente su DAT: per questo il DAT è morto subito, in ambito professionale e nessuno ne sente la mancanza.
Ho avuto molte occasioni di acquisire in digitale su ADAT e mixare su DAT: navigazione con mare in tempesta nelle Bocche di Bonifacio.
Ho avuto molte occasione di mixare direttamente su CD, ed addirittura MiniDisc o ProTools, o nastro analogico direttamente fuori dal banco, senza passaggi intermedi: per me è più facile tenere tutto sotto controllo, assai più che nel doppio passaggio, ed ottenere esattamente quello che si desidera INDIPENDENTEMENTE DAL FORMATO CHE SI UTILIZZA: a quel punto la "qualità teorica" del formato perde una buona parte del suo significato, perchè il fonico trova facilemte il modo di compensare il tutto, ed anche il digitale funziona bene.
Ma sto parlando di musicisti in carne ed ossa in un processo di prima acquisizione.
E' sui trasferimenti, le copie, che emergono le maggiori sorprese.
Le copie su Minidisc, su DAT o CD da masters analogici ed anche da volgari LP, mostrano di solito risultati dubbi, senza che si riesca a combinare molto per rendere il processo del tutto "TRASPARENTE", e neppure capire il perchè di questa palese "MODESTA FEDELTA". Io mi sono fatto, nel tempo, una mia idea, e ritengo che, stante la gran quantità di CD scadenti derivati da registrazioni analogiche, c'è stato e c'è qualche GROSSO problema nel processo che non è stato del tutto compreso ed acquisito dai tecnici.
Ci sono dei risvolti nel digitale del tutto oscuri, perchè, in un contesto di riversamento, il risultato è talvolta imprevedibile e, diciamolo, non fa una gran bella impressione.
E questo, fra i miei colleghi, lo sanno tutti e non da ieri.
Per tentare di ovviare a questi problemi sono nate, tempo fa, le sale di MASTERING, che si propongono di "ottimizzare il prodotto finale" pur trasfigurandolo, ma almeno dietro comando di artisti, produttori ed etichette, che pagano ed autorizzano ciò che viene fuori.
Da quando esistono i mixer digitali, il problema si è ulteriormente aggravato: il mixer digitale, non importa se un giocattolino come lo Yamaha 01V od una portaerei come lo Yamaha PM1D, richiede una cura tutta particolare per ottenere lo standard qualitativo proprio di un buon analogico di medio prezzo.
Che vuol dire tutto ciò?
Vuol dire che le due tecnologie funzionano in modo DIVERSO: diverso dal punto di vista dell' operatore a cui richiedono di pensare in modo diverso, agire in modo diverso, ascoltare in modo diverso.
La maggior parte delle aree di diversità le conosciamo, ma alcune ci sfuggono ancora, e l' alta risoluzione digitale pur mitigando qualche asprezza di troppo, non ha ancora risolto tutte queste questioni.
Conosciamo la compressione del nastro analogico ed il rumore del nastro, conosciamo le magagne di risoluzione del digitale a basso livello, etc, etc. ma dopo circa 30 anni, sembra ormai un fatto acquisito che NON SI PUO' PASSARE DA UN FORMATO ALL' ALTRO SENZA ACCETTARE CONSISTENTI "DEFORMAZIONI" DI CIO' CHE SI SENTE.
Il che, in un registratore che si auspica fedele ed accurato, o in un media che presuppone lo stesso, determina un problema.
La questione si presta a molteplici considerazioni a seconda del punto di vista da cui la si guarda.
Dal punto di vista degli artisti, il digitale ha costituito un' opportunità di espressione altrimenti negata: con questi, le case discografiche speravano di moltiplicare il business n volte.
Dal punto di vista delle case discografiche, il digitale ha significato, nel tempo, la rovina economica.
Dal punto di vista del tecnico del suono, il digitale significa un problema in più con cui confrontarsi, non facile da gestire, forse meno difficile dell' analogico, ma di sicuro più limitato e monotonico nei risultati.
Dal punto di vista del fruitore di musica, il digitale ha costituito un moltiplicarsi dell' offerta ed anche un opportunità di acquisire musica senza pagarla..
In nessuno di questi casi, aspetti di miglioramento qualitativo del media, hanno avuto, nonostante i proclami, il benchè minimo gioco: alcuni problemi sono stati risolti, ma altri, assai meno gestibili, sono stati introdotti.
Così all' appassionato, se ha a cuore una qualche idea di FEDELTA' ALL 'ORIGINALE, non resta che attrezzarsi per riprodurre qualsiasi cosa abbia interesse ad ascoltare possibilmente nella forma NATIVA.
Marcello Croce
Applausi.........calorosi applausi...........QUOTONE GALATTICO.....nulla da aggiungere....direi commovente;la pura e semplice VERITA'.