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oblomov
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Messaggio da oblomov » venerdì 21 febbraio 2014, 23:04

How facts backfire

Researchers discover a surprising threat to democracy: our brains

By Joe Keohane
July 11, 2010


It’s one of the great assumptions underlying modern democracy that an informed citizenry is preferable to an uninformed one. “Whenever the people are well-informed, they can be trusted with their own government,” Thomas Jefferson wrote in 1789. This notion, carried down through the years, underlies everything from humble political pamphlets to presidential debates to the very notion of a free press. Mankind may be crooked timber, as Kant put it, uniquely susceptible to ignorance and misinformation, but it’s an article of faith that knowledge is the best remedy. If people are furnished with the facts, they will be clearer thinkers and better citizens. If they are ignorant, facts will enlighten them. If they are mistaken, facts will set them straight.

In the end, truth will out. Won’t it?

Maybe not.



- See more at: http://www.boston.com/bostonglobe/ideas ... 7yQsL.dpuf






IN CHE MODO LA REALTÀ DEI FATTI
RINFORZA LE NOSTRE CONVINZIONI...ERRATE


DI JOE KEOHANE
Boston Globe

I ricercatori scoprono una stupefacente minaccia alla democrazia: i nostri cervelli e il loro modo di funzionare.

Il fatto che una cittadinanza informata sia preferibile a una incolta è uno dei pilastri fondanti alla base della moderno concetto di democrazia.

“Ogni volta che la gente si dimostra al corrente di fatti e notizie succede che essi siano anche degni di fiducia da parte del loro governo” scriveva Thomas Jefferson nel 1789. Quest’idea, portata avanti negli anni, costituisce il fondamento di tutto ciò che va dai più umili pamphlet politici ai dibattiti per le presidenziali fino al reale concetto di libera stampa.

Il genere umano può essere un legno storto, come amava dire Kant, predisposto solo all’ignoranza e alla disinformazione, ma rimane un dogma di fede che la conoscenza sia il miglior rimedio a questa condizione. Se alla gente si forniscono i fatti, essi diventeranno lucidi ragionatori e, in definitiva, cittadini migliori. Se affogano nell’ignoranza, i fatti li illumineranno [si intendono, nell’articolo, i fatti come dati di fatto, realtà oggettiva, quintessenza della verità ovvero un concetto cui i mezzi di informazione dovrebbero aderire come a un ideale fondante N.d.T.]. Se gli uomini sbagliano, i fatti li rimetteranno sulla retta via.

Alla fine, la verità verrà a galla. Non è vero?

Forse no. Di recente, studiosi di scienze politiche hanno cominciato ad occuparsi di una tendenza dell’uomo in grado di scoraggiare alla radice la fede nel potere dell’informazione.

In altre parole: non necessariamente i fatti, la realtà oggettiva hanno la capacità di farci cambiare opinione.

Approfondendo la questione, si scopre come sia vero proprio il contrario. Durante una serie di studi tra il 2005 e il 2006, i ricercatori dell’Università del Michigan scoprirono che quando persone male informate, in particolare attivisti politici, venivano esposte alla verità dei fatti, assai di rado riuscivano a cambiare opinione. A ben guardare, la cosa li rendeva ancora più radicati nelle proprie convinzioni iniziali, ancorché errate. Gli scienziati verificarono come il contatto con la realtà oggettiva dei fatti non rappresentasse affatto una cura alla disinformazione. Comportandosi in analogia a un antibiotico di potere insufficiente, i fatti potrebbero, in realtà rinforzare ulteriormente [le convinzioni e i pregiudizi generati da] la cattiva informazione.

Tutto ciò fa vaticinare sventure per la democrazia, in quanto la maggior parte degli elettori – in definitiva la gente che prende decisioni su come la nazione vada governata [1] – non sono proprio lavagne immacolate. Il popolo delle urne risulta dotato di convinzioni proprie e di insiemi di dati di fatto ben radicati nella propria mente. Il problema è che, a volte, le cose che pensano di sapere sono false in modo oggettivo e dimostrabile. Anche se messi di fronte delle informazioni corrette, tali persone reagiscono in un modo completamente differente da quanto fanno le persone che sono semplicemente ignoranti. Al posto cambiare idea per riflettere le informazioni corrette, essi si trincerano ancor di più nelle proprie convinzioni originarie.

“L’idea generale è che ammettere di aver sbagliato sia avvertito come una minaccia in termini assoluti” afferma lo studioso di scienze politiche Brendan Nyhan, a capo del gruppo di ricerca nello studio condotto dall’Università del Michigan. Il fenomeno – conosciuto come “ritorno di fiamma” – è “un meccanismo inconscio di difesa che tende a evitare la dissonanza cognitiva” [2].

Queste scoperte allargano l’annosa discussione sull’ignoranza in campo politico dei cittadini statunitensi fino ad arrivare a interrogativi di più ampio respiro sull’interazione tra la natura dell’intelligenza umana e i nostri ideali democratici. Alla maggioranza di noi piace credere che le proprie opinioni si siano distillate col tempo attraverso un esame razionale e ponderato di fatti e idee e che, di conseguenza, le decisioni basate su quelle stesse opinioni non possano che avere il sigillo della correttezza e dell’intelligenza. In realtà, più spesso di quanto siamo disposti ad ammetterlo, ci accade di basare le nostre opinioni sulle nostre convinzioni, che a loro volta possono avere una connessione esile e tormentata con i dati di fatto oggettivi. Al posto di avere i fatti che guidano le convinzioni, si assiste, da parte di queste ultime, alla selezione dei fatti che si scelgono di accettare. Le convinzioni personali possono farci distorcere i fatti in modo che essi si adattino al meglio alle nostre nozioni preconcette o ai nostri pregiudizi. L’effetto peggiore è che le convinzioni possono portarci ad accettare senza alcuno spirito critico la cattiva informazione, solo in quanto quest’ultima le avvalora. Ciò da un lato ci rende ancora più sicuri di avere la verità in tasca e dall’altro diminuisce ulteriormente la probabilità di prestare ascolto a nuove fonti di informazione. È a questo punto che si va a votare.

L’eccesso viene solo amplificato dall’eccesso di informazioni, che offre – fianco a fianco con una quantità senza precedenti di ottima informazione – pettegolezzi incessanti, disinformazione e versioni discutibili della verità. In altre parole, sbagliare non è mai stato più facile, avendo al contempo la fortissima convinzione di essere nel giusto.

“Uomo del posto si professa appassionato difensore di ciò che egli immagina sia la costituzione” recita un recente titolo di testa di Onion. Come la migliore satira, questa maligna, piccola gemma riesce a strappare una risata, subito smorzata dal sentimento nauseato dell’identificazione. Gli ultimi cinquant’anni di studi politologici hanno dimostrato in modo definitivo come alla maggior parte dei cittadini americani difetti persino la conoscenza di base dei meccanismi alla base del funzionamento della nazione [meccanismi intesi in senso economico, politico, energetico N.d.T]. Nel 1996 Larry M. Bartels, dell’Università di Princeton, sostenne come “l’ignoranza politica dell’elettore americano fosse uno dei dati meglio documentati nel campo della scienza politica.”

Questo dato di fatto potrebbe non essere un problema, se isolato dal contesto: la gente non al corrente dei fatti potrebbe semplicemente scegliere di non votare. Ciò che pare succedere, al contrario, è che è proprio la gente male informata (o completamente disinformata) ad avere spesso le convinzioni politiche più salde. Di recente, un esempio lampante di quanto detto è stato rappresentato da uno studio effettuato nel 2000, condotto da James Kuklinski dell’Università dell’Illinois alla Urbana-Campaign [3]. James condusse un importante esperimento in cui a più di 1.000 residenti dell’Illinois furono fatte domande sul welfare – la percentuale del budget federale spesa per i programmi sul welfare, il numero di persone impegnate nel programma, la percentuale di afroamericani beneficiari di tali programmi e il versamento medio. Più della metà degli intervistati indicarono di essere sicuri di aver risposto correttamente. In effetti, solo il 3% dei soggetti aveva risposto correttamente a oltre la metà delle domande. Cosa ancor più sconvolgente, coloro che erano maggiormente sicuri di aver risposto correttamente, erano di gran lunga quelli che meno conoscevano l’argomento (la maggior parte di questi partecipanti espressero punti di vista che suggerivano forti pregiudizi anti-welfare).

Studi di altri ricercatori hanno osservato fenomeni analoghi con riferimento ai settori di istruzione, riforma sanitaria, immigrazione, azioni di promozione delle minoranze, controllo delle armi e altri argomenti che tendono a radicalizzare le opinioni in un tipico scenario bianco o nero. Kuklinski chiama questo tipo di risposta la sindrome del “Sapere di aver ragione” e la considera un “problema potenzialmente terribile” in un sistema democratico. Secondo lo studioso “Ciò implica non solo che la maggioranza della gente opporrà resistenza alla correzione delle proprie convinzioni, ma anche che proprio coloro che avrebbero maggior bisogno di correggerle saranno quelli che avranno meno probabilità di farlo sul serio.”

Cosa sta succedendo? Come è possibile avere opinioni così errate e, al contempo, essere così sicuri di essere nel giusto? Una parte della risposta si trova nel modo in cui il nostro cervello risulta connesso. In generale, la gente tende a cercare la coerenza. C’è un ricco corpus di studi psicologici che dimostra come le persone tendano a interpretare le informazioni prestando contemporaneamente attenzione a rinsaldare i propri punti di vista preesistenti. Se si crede alla verità di una cosa, è più probabile accettare in modo passivo la verità di qualcosa che confermi le nostre convinzioni, proprio mentre si accantonano in modo attivo tutte le informazioni che non vi si conformano. Questo comportamento è noto come “argomentazione stimolata” [“motivated reasoning” nel testo N.d.T.]. Indipendentemente dall’esattezza delle informazioni coerenti [con le nostre convinzioni N.d.T.], le si potrebbero accettare come fatti, conferme alle proprie convinzioni. Ciò ci rende ancora più saldi nelle suddette convinzioni, e rende ancora meno probabile il semplice prendere in considerazioni fatti che le contraddicano.

Una nuova ricerca, pubblicata lo scorso mese sulla rivista Political Behavior, suggerisce come una volta che questi dati di fatto siano stati interiorizzati, diventi estremamente arduo rimuoverli. Nel 2005, nella massa di richieste energiche di mezzi di informazione migliori nell’ambito delle verifiche dei fatti, uno strascico del comportamento dei media durante la guerra in Iraq, Nyhan e un collega escogitarono un esperimento in cui ai partecipanti venivano dati pezzi che scimmiottavano vere notizie, ciascuno dei quali conteneva un’affermazione, falsa al di là del bene e del male eppure assai diffusa, fatta da una figura politica: che in Iraq fossero state trovate armi di distruzione di massa [WMD acronimo di “Weapons of Mass Destruction” nell’originale N.d.T] (in realtà non ce ne erano), che il taglio delle tasse voluto da Bush avesse aumentato le entrate governative (esse in effetti calarono) e che l’amministrazione Bush avesse imposto il bando totale della ricerca sulle cellule staminali (solo alcuni fondi federali furono limitati). Nyhan inserì una rettifica chiara e diretta dopo ogni articolo rimaneggiato, misurando il numero di volte in cui i partecipanti si ricredevano, ovvero il numero di volte in cui una rettifica aderente alla verità aveva presa, funzionava.

Per la maggior parte dei soggetti, la rettifica non sortiva effetto. Coloro che si identificavano come conservatori prestarono fede alla disinformazione sulle armi di distruzione di massa e a quella sulle tasse ancor più fermamente, una volta esposti alla rettifica. Quanto più fortemente i soggetti avevano a cuore l’argomento – un fattore noto come rilievo – più forte era l’effetto di rinforzo [“backfire”, ovvero ritorno di fiamma nell’originale N.d.T.].

Con coloro che si identificavano come liberali, l’effetto fu leggermente diverso: nel leggere l’articolo rettificato sulle cellule staminali, la rettifica non ebbe l’effetto di rinforzo, ma i lettori continuarono a ignorare l’informazione scomoda sulla non totalità delle restrizioni dell’amministrazione Bush.

Non è chiaro ciò che guidi il comportamento – potrebbe variare da un semplice stare sulla difensiva, alla gente con un atteggiamento molto attivo nella difesa delle proprie convinzioni – ma a sentire la netta posizione di Nyhan “È dura essere ottimisti sulla reale efficacia del meccanismo di verifica dell’accuratezza dei fatti.”

Sarebbe rassicurante pensare che i politologi e gli psicologi abbiano escogitato un modo per contrastare il problema, se non fosse che se ne stanno ancora studiando sintomi e modalità. La persistenza delle percezioni erronee in campo politico rimane un campo di ricerca ancora acerbo. “È davvero campato in aria” secondo Nyham.

Ma i ricercatori continuano a lavorarci. Un filone sembra coinvolgere l’autostima. Nyham ha preso parte a uno studio in cui dimostra come un gruppo di persone, una volta messe alla prova con esercizi per aumentare l’autostima, fosse maggiormente in grado di considerare nuove informazioni di un gruppo che non avesse fatto attività pro autostima. In altri termini, se ci si sente bene con se stessi, si ascolta, mentre se ci sente insicuri o minacciati, non lo si farà. Questo risultato spiegherebbe perché i demagoghi traggano beneficio dal fatto di tenere la gente costantemente in agitazione, sotto minaccia. Più la gente si sente minacciata, meno è probabile che presti attenzione a opinioni fuori dal coro e più facilmente si riesce a tenerla sotto controllo.

Ci sono anche casi in cui la franchezza paga. Gli studi sul welfare di Kuklinski suggeriscono come la gente cambierà opinione se la si colpisce “in mezzo agli occhi” con fatti oggettivi, presentati senza mezzi termini, che contraddicano le proprie idee preconcette. Egli chiese a un gruppo di partecipanti quale credessero fosse la percentuale del budget che il governo spendeva e quale fosse la percentuale che, a loro giudizio, dovesse essere spesa in realtà. A un altro gruppo fu posta la medesima domanda, ma a questi ultimi fu immediatamente detta la percentuale effettiva di spesa per il welfare (1%). A questi si chiese, con la percentuale reale ben in mente, quanto il governo avrebbe dovuto spendere. Con nessuna correlazione con la correttezza delle convinzioni prima di ricevere la rettifica, il secondo gruppo ritarò le risposte in modo da riflettere il fatto appena ricevuto [ovvero l’1% dedicato al welfare N.d.T.].

Ad ogni modo, lo studio di Kuklinski coinvolgeva persone che ricevevano informazioni direttamente dai ricercatori, per giunta assai interattivamente. Quando Nyham tentò di trasmettere la rettifica in un modo più vicino a quanto succedeva nel mondo reale, ovvero attraverso un articolo di giornale, si verificava la retroazione di rinforzo [backfire]. Anche se le persone accettavano di buon grado le nuove informazioni, o queste non reggevano a lungo oppure non avevano alcun effetto sulle convinzioni. Nel 2007 John Sides della Università George Washington e Jack Citrin della Università della California a Berkley studiarono se il fornire a persone ingannate informazioni corrette sulla proporzione di immigrati sulla composizione della popolazione USA, avrebbe avuto qualche effetto sui loro punti di vista sull’immigrazione. Non ne ebbe alcuno.

E se si nutre l’opinione – popolare su entrambi i lati dello schieramento politico – che da un punto di vista globale la soluzione si trovi in un maggior livello di istruzione e un più elevato livello di sofisticazione politica degli elettori, bene, è appena l’inizio, non certo la soluzione. Uno studio di Charles Taber e Milton Lodge, effettuato nel 2006 presso l’università Stony Brook, mostrò come i pensatori, politicamente sofisticati, fossero ancora meno aperti a nuove informazioni rispetto a persone meno sofisticate. Queste persone potranno anche essere nel giusto il 90% delle volte, ma la loro presunzione rende quasi impossibile la correzione del restante 10% in cui essi sono clamorosamente in errore. Taber e Lodge trovarono come questo fosse davvero allarmante in quanto i pensatori impegnati e sofisticati sono sempre stati “proprio il genere di persone su cui la teoria democratica fa maggiormente affidamento.”

In un mondo ideale, i cittadini sarebbero in grado di mantenere una vigilanza costante, controllando sia le informazioni ricevute sia il modo in cui i propri cervelli le processano. Ma collocare al giusto posto le notizie prende tempo e sforzi. E una spietata analisi interiore può essere sfibrante, come secoli di filosofi hanno mostrato. I nostri cervelli sono progettati per creare scorciatoie cognitive – inferenze, intuizioni e così via – al fine di evitare proprio quella sorta di disagio che si prova mentre si affronta l’impeto delle informazioni che si ricevono ogni giorno. Senza queste scorciatoie, sarebbero poche le cose a poter essere completate. Sfortunatamente, proprio a causa dell’esistenza di queste scorciatoie, ci si trova facilmente raggirati dalle falsità della politica.

Nyham infine raccomanda un approccio di tipo supply-side [intervenire dal lato dell’offerta di informazioni (supply-side) N.d.T]. Al posto di focalizzarsi su cittadini e consumatori di disinformazione, egli suggerisce di esaminare le fonti. Se si aumenta il “costo in termini di reputazione” delle informazioni scorrette ma irrilevanti, si può scoraggiare la gente dal farlo così spesso. “Così, se si va su 'Meet the Press' [4] e si viene presi a martellate per aver detto qualcosa di non corretto” suggerisce Nyham “probabilmente ci si penserà due volte prima di rifarlo.”

Sfortunatamente, questa soluzione basata sulla gogna mediatica sarebbe tanto non plausibile quanto ragionevole. I saccenti politologi dalla lingua sciolta si sono elevati al regno dell’assai remunerativo intrattenimento popolare, mentre le azioni professionali di controllo dei fatti languono nelle segrete del secchionaggio [5]. È facile avere un politico o un esperto che, impassibile, asserisca come George W. Bush abbia ordinato l’11 Settembre o che Barack Obama sia il culmine di una trama cinquantennale ordita dal governo del Kenia per distruggere l’America. Riuscire a fargli provare e mostrare vergogna: è questa la cosa complicata.

NOTE DEL TRADUTTORE

[1] in realtà questo tipo di visione un po’ naif dell’effettivo ruolo degli elettori nel processo decisionale della democrazia è quanto meno sopravvalutata, come ci ricordano gli atti di un qualsiasi governo democratico all’occidentale se messi in relazione con il pensiero effettivo della maggioranza degli elettori e come ci testimoniano le crescenti percentuali di astensioni, schede bianche e nulle.

[2] da Wikipedia. La dissonanza cognitiva è un concetto introdotto da Leon Festinger nel 1957 in psicologia sociale, e ripreso successivamente in ambito clinico da Milton Erickson, per descrivere la situazione di complessa elaborazione cognitiva in cui credenze, nozioni, opinioni esplicitate contemporaneamente nel soggetto in relazione ad un tema si trovano a contrastare funzionalmente tra loro; esempi ne sono la "dissonanza per incoerenza logica", la dissonanza con le tendenze del comportamento passato, la dissonanza relativa all’ambiente con cui l’individuo si trova ad interagire (dissonanza per costumi culturali). Un individuo che attiva due idee o comportamenti che sono tra loro coerenti, si trova in una situazione emotiva soddisfacente (consonanza cognitiva); al contrario, si verrà a trovare in difficoltà discriminatoria ed elaborativa se le due rappresentazioni sono tra loro contrapposte o divergenti. Questa incoerenza produce appunto una dissonanza cognitiva, che l'individuo cerca automaticamente di eliminare o ridurre a causa del marcato disagio psicologico che essa comporta; questo può portare all'attivazione di vari processi elaborativi, che permettono di compensare la dissonanza. Un'applicazione esemplificativa di tali processi si può avere, ad esempio, quando un soggetto disprezza esplicitamente i ladri, ma compra un oggetto a un prezzo troppo basso per non intuire che sia di provenienza illecita. Secondo Festinger, per ridurre questa contraddizione lo stesso individuo potrà o smettere di disprezzare i ladri (modificando quindi l'atteggiamento), o non acquistare l'oggetto proposto (modificando quindi il comportamento).

[3] da Wikipedia. L'Università dell'Illinois alla Urbana-Champaign è il campus più antico, grande e prestigioso nel sistema universitario dell'Illinois. È una delle scuole più selettive degli Stati Uniti con parecchi dei suoi laureati fra i migliori della nazione. Essa è composta di 18 college e istituti che offrono più di 150 programmi di studio. Inoltre, l'università lavora ad una estensione che serve 2,5 milioni di registranti per anno nello stato dell'Illinois ed oltre. Il campus include 272 edifici principali su di una superficie di 5,90 km² nelle città confinanti della Champaign, dell'Urbana e ha un budget annuale di quasi 1,4 miliardi di dollari.

[4] da wikipedia (ENG). Meet the Press è una trasmissione televisiva settimanale di notizie/interviste prodotta da NBC. È lo show televisivo record per durata nel panorama americano, avendo debuttato il 6 Novembre del 1947. È stato condotto da undici moderatori: quello attuale è David Gregory.

[5] Termine creato per analogia: l’originale inglese è “wonkery”, derivato da “wonk” (secchione) con la desinenza “-ery”, più o meno equivalente alla nostra desinenza “-aggio” o “-ità” quando associata a un aggettivo. Una traduzione alternativa di Wonkery, probabilmente più corretta visto il tono delle metafore del periodo sarebbe potuta essere Secchionopoli o Secchionelandia N.d.T.


Titolo originale: "How Facts Backfire"
Ultima modifica di oblomov il sabato 22 febbraio 2014, 0:22, modificato 6 volte in totale.

oblomov
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Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da oblomov » venerdì 21 febbraio 2014, 23:05

How To Win Any Argument by Dave Barry

L'ARTE DI OTTENERE RAGIONE
di Dave Barry

Io sono il re della disputa. Chiedi a chiunque dei pochi amici che mi rimangono. Posso ottenere ragione su qualsiasi argomento, contro qualunque avversario. La gente lo sa, e alle feste si mantiene alla larga. Spesso, come segno di gran rispetto, neanche mi invitano. Ora anche tu potrai vincere le dispute: ti sto per rivelare la mia strategia segreta. Semplicemente segui queste regole:

1. BEVI ALCOLICI (JD)

Supponi di essere a una festa in cui qualche testa d'uovo sta pontificando sulla contrazione delle esportazioni in Perù, un argomento sul quale non sai assolutamente nulla. Se ti limiti a sorseggiare qualche bevenda per fanatici salutisti, come ad es. succo di mirtillo, allora ti tirerai indietro, timoroso di manifestare la tua ignoranza, e lascerai il campo libero alla testa d'uovo. Ma se tracanni abbondanti sorsate di Jack Daniels scoprirarai di avere UN PUNTO DI VISTA BEN DEFINITO sulle esportazione peruviane. Diventerai una fonte INESAURIBILE di informazioni. Disputerai con grande efficacia, rivelando delle intuizioni inaspettate, e possibilmente danneggiando qualche oggetto d'arredamento. La gente sara' molto impressionata. Qualcuno potrebbe anche lasciare la stanza.

2. INVENTA LE COSE

Supponi, che nella disputa sull'economia peruviana, tu stia cercando di mostrare che i peruviani sono sottopagati, una posizione basata solo sul fatto che TU sei sottopagato, e tu sia dannato se una manciata di balordi peruviani deve passarsela meglio di te. NON dire: "Penso che i peruviani siano sottopagati". Di: "La media del salario dei peruviani nel 1998 espressa in dollari, modificata considerando una base di tassazione di 1,452.81 dollari per anno, è 836.07 dollari al di sotto del tasso mondiale di povertà'". NOTA: inventa sempre cifre precise.
Se l'avversario ti chiede da dove hai tratto le tue cifre, inventati anche la fonte. Di: "Quest'informazione proviene dallo studio del Dr. Hovel T. Moon eseguito per la Commisione Buford and pubblicato il 9 Maggio 1999. Non l'hai letto?". Pronuncia quest'utlima affermazione col tono di voce di uno che dice: "hai lasciato le tue mutande sporche nella mia vasca da bagno".


3. USA ESPRESSIONI SENZA SENSO MA ALTISONANTI

Memorizza questa lista:

lasciami porre la questione in questo modo
in qualità di
di per sé
vis-a-vis
nella misura in cui
quelli che sono
voglio dire
in un certo qual senso
grosso modo

Dovresti anche memorizzare qualche abbreviazione latina come: "Q.E.D", "i.e." "e.g.", che stanno tutte per "io capisco il latino, tu no."
Ecco come usare queste espressioni. Supponi di voler dire: "I peruviani vorrebbero ordinare antipasti più spesso, ma non hanno abbastanza soldi." Non riuscirai mai ad ottenere ragione esprimendoti in questo modo. Ci RIUSCIRAI se dici: "Lasciami porre la questione in questo modo. In termini di quelli che grosso modo sono gli antipasti vis-a-vis i peruviani in qualità di peruviani, nella misura in cui vorrebbero ordinarne più spesso, voglio dire, non hanno abbastanza soldi di per sé, in un certo qual senso. Q.E.D". Solo un folle oserebbe contraddire un argomento simile.


4. USA RISPOSTE IRRILEVANTI

Hai bisogno di una arsenale di risposte irrilevanti buone per tutti gli usi, da ritorcere contro il tuo avversario quando solleva un argomento valido.
Le migliori sono:

stai eludendo il problema
ti stai mettendo sulla difensiva
stai paragondando le mele con le arance
non sta né in cielo né in terra
quali sono i tuoi parametri ?

L'ultima è particolarmente utile.
Nessuno, all'infuori dei matematici, sa cosa sia un "parametro".

Ecco come usare le tue risposte:

tu: Come disse Abramo Lincoln nel 1873...
il tuo avversario: Lincoln è morto del 1865.
tu: stai eludendo il probelma.
oppure
tu: I liberiani, come la maggior parte degli asiatici...
il tuo avversario: la Liberia è in Africa.
tu: ti stai mettendo sulla difensiva.

5. PARAGONA IL TUO AVVERSARIO AD ADOLF HITLER

Questa è la tua artiglieria pesante, da riservare per i momenti critici quando il tuo avversario ha ovviamente ragione, e tu hai spettacolarmente torto.

Introduci Hitler sottilmente.

Di ': "Cio' suona sospettosamente simile a cio' che una volta avrebbe potuto dire Adolf Hitler" oppure "Senz'altro mi ricordi Adolf Hitler".

Ora sei pronto ad avere ragione su chiunque. Ma non tentare di applicare nessuno di questi stratagemmi con gente che di solito va in giro armata.

http://www.mindspring.com/~mfpatton/argue.htm

http://www.davebarry.com/natterings_fil ... OARGUE.pdf
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oblomov
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Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da oblomov » venerdì 21 febbraio 2014, 23:06

Tanto peggio per i fatti ("se non si accordano con la teoria") traduce la frase tedesca Desto schlimmer für die Tatsachen. Fu usata come reazione da Hegel quando, dopo aver affermato nel De Orbitis Planetarum, la sua dissertazione di abilitazione all'insegnamento, che non potevano esserci più di sei pianeti, venne a sapere che un settimo, Urano, era già stato scoperto da Herschel il 13 marzo 1781.[1]

Essa è diventata una locuzione che secondo il filosofo Dario Antiseri denota il prevalere dell'ideologia rispetto ad un approccio realistico,[2][3] e in psicopatologia lo psicotico prevalere del pensiero sulla realtà.[4] È ampiamente usata da Ernst Bloch (1885-1977).[5][6][7]
Ultima modifica di oblomov il venerdì 21 febbraio 2014, 23:15, modificato 6 volte in totale.

oblomov
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Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da oblomov » venerdì 21 febbraio 2014, 23:09

Non discutere mai con un idiota: ti trascina al suo livello e ti batte con l' esperienza.

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Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da F.Calabrese » venerdì 21 febbraio 2014, 23:29

Avete mai letto "Change" di Paul Watzlawick...?

Vale la pena...

Saluti
F.c.

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Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da oblomov » venerdì 21 febbraio 2014, 23:35

A Parigi, due uomini, Bouvard et Pécuchet si incontrano e fanno conoscenza, scoprendo che non solo fanno lo stesso lavoro di copisti, ma hanno gli stessi interessi, specialmente per quanto concerne l'agricoltura.
Una eredità improvvisa consente loro di cambiare vita e vanno a vivere in una fattoria nel Calvados, vicino a Caen, dedicandosi all'agricoltura. Si rivelano però incapaci di gestire le difficoltà derivanti dalla nuova occupazione.
Decidono quindi di occuparsi d'altro e si dedicano prima alla medicina, poi alla chimica, alla geologia, alla politica con gli stessi tragicomici risultati, nonostante l'uso di manuali e l'intervento di vicini più esperti.
Non contenti di tutti questi esperimenti i due protagonisti si accostano alla letteratura per scoprire l'importanza della psicologia, del romanzo storico e della scrittura, poi alla ginnastica, allo spiritismo, alla magia e alla filosofia e proprio quando meditano un suicidio da eseguire nella notte di Natale, scoprono l'importanza della pedagogia e decidono di adottare due orfani.
Stanchi dei tanti fallimenti, decidono di tornare alla loro antica professione.


Sfigati ! Non c' era...l' hifi...

"fanno lo stesso lavoro di copisti" (!)

oblomov
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Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da oblomov » domenica 23 febbraio 2014, 20:42

http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... ogota.html

Avere ragione è una ragione in più per non aver alcun successo.

Ci sono certe stupidaggini che è possibile impugnare adeguatamente solo con una stupidità ancora più grottesca.

Intelligente è chi trova difficile quello che agli altri sembra facile.

Ogni verità è un rischio che ci pare valga la pena di correre.

Ritenere di non avere pregiudizi è il più comune dei pregiudizi.

oblomov
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Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da oblomov » domenica 23 febbraio 2014, 20:48

In ogni campo e per ogni oggetto sono sempre le minoranze, i pochi, i
rarissimi, i Singoli quelli che sanno: la Folla è ignorante. ( Kierkegaard )

Un ingegnere è colui che riesce a fare qualcosa con un dollaro rispetto ai 100
che impiegherebbe un idiota. ( Ing. Duckworth )

Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità.
Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero.
( Anonimo )

Che la caratteritica più importante di un consulente era quella di "aver visto
sbagliare", sia lui da giovane che gli altri, e dunque la cosa più importante che
gli si dovrebbe richiedere è proprio un deciso Stop quando si va ad incorrere
in uno di quegli errori, a lui noti ed a voi no.
Questo è qualcosa di molto diverso dal "progettare" e dal "dispensare
verità" che sono invece -erroneamente- le occupazioni preferite degli esperti
nostrani... Talvolta costretti, come capita.
Un professore di Istologia spiegò a noi studenti della Cattolica che la cosa più importante è seppellire prima possibile le teorie sballate o obsolete !
( Anonimo..) :mrgreen:

Teo Marini
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Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da Teo Marini » domenica 23 febbraio 2014, 21:37

oblomov ha scritto:In ogni campo e per ogni oggetto sono sempre le minoranze, i pochi, i
rarissimi, i Singoli quelli che sanno: la Folla è ignorante. ( Kierkegaard )

Un ingegnere è colui che riesce a fare qualcosa con un dollaro rispetto ai 100
che impiegherebbe un idiota. ( Ing. Duckworth )

Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità.
Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero.
( Anonimo )


Che la caratteritica più importante di un consulente era quella di "aver visto
sbagliare", sia lui da giovane che gli altri, e dunque la cosa più importante che
gli si dovrebbe richiedere è proprio un deciso Stop quando si va ad incorrere
in uno di quegli errori, a lui noti ed a voi no.
Questo è qualcosa di molto diverso dal "progettare" e dal "dispensare
verità" che sono invece -erroneamente- le occupazioni preferite degli esperti
nostrani... Talvolta costretti, come capita.
Un professore di Istologia spiegò a noi studenti della Cattolica che la cosa più importante è seppellire prima possibile le teorie sballate o obsolete !
( Anonimo..) :mrgreen:
Bellissima: te la rubo!!!

Ciao! ;)

oblomov
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Iscritto il: mercoledì 29 gennaio 2014, 0:32

Re: firewall e/o antivirus versus......

Messaggio da oblomov » martedì 25 febbraio 2014, 0:12

LA MALEDUCAZIONE CHE CI RENDE LIBERI, PAROLA DI FILOSOFO - LA STORIA CI INSEGNA CHE LA SCOSTUMATEZZA DI OGGI E' IL NUOVO E SUPERIORE COSTUME SOCIALE DI DOMANI

Il filosofo di Princeton Emrys Westacott tesse l’elogio delle cattive abitudini: snobismo, brutto carattere e maldicenze ci aiutano a vincere il politicamente corretto e ad affermare le nostre idee. E d’altronde, quasi sempre, dietro l’arcigno moralismo dei censori delle cattive abitudini c’e' l’ipocrisia di chi vuole dominare gli altri fermando la loro corsa…

Come sapevano i moralisti classici, il vizio non è semplicemente il lato oscuro della virtù, ma è anche in qualche modo il suo più potente alleato: «Il diavolo è l'uomo di affari del buon Dio». Un uso accorto del vizio non solo lo si deve accettare, ma è addirittura necessario per il vigore di una società. Non desta pertanto meraviglia, in chi ha senso storico, un libro come quello che esce in questi giorni in edizione economica per i prestigiosi tipi dell'Università di Princeton: ‘'Le virtù dei nostri vizi: una modesta difesa del pettegolezzo, della maleducazione e di altre cattive abitudini''.

Autore è un giovane ma affermato filosofo americano: Emrys Westacott. Ed anche se il procedere è più analitico e professorale, come non ricordare la celebre Favola delle api che Mandeville pubblicò nel 1705, aggiungendovi poi il sottotitolo «vizi privati, pubbliche virtù»? «Il vizio», scriveva, «è tanto necessario in uno Stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare».

Era allora in corso una polemica in-tellettuale sul ruolo sociale di vizi come il lusso, l'avidità, l'invidia e la lussuria. I pensatori radicali e libertini avevano capito che lo sperpero e l'ostentazione finiscono per mettere in circolazione le ricchezze e le idee, avvantaggiando in ultima istanza anche i più poveri (vedi Anticristianesimo e libertà. Studi sull'illuminismo radicale di Silvia Berti pubblicato ora da Il Mulino nella collana del Croce di Napoli).

Virtù come la frugalità o la sobrietà oggi tanto decantate avvitano le società su stesse, in uno spirale di recessione economica e di conformismo culturale. Il sindaco di Londra Boris Johnson, proprio per aver voluto ricordare questa funzione essenziale dell'avidità, è stato quasi linciato dai media d'oltremanica e persino il portavoce di Cameron ha dovuto discostarsi dicendo che «il primo ministro è da sempre un sostenitore delle pari opportunità».

Nel volume di Westacott si insiste molto nell'elogiare il cattivo carattere e persino la maleducazione. Come è possibile? E soprattutto che effetto può fare in un ambiente ove fino a qualche anno fa dominava incontrastata quella ideologia del
multiculturalismo
che si meritò i giusti strali di un giudice severo come Harold Bloom?

Che effetto può fare, ad esempio, una domanda come quella del titolo del quinto capitolo del volume di Westacott: «Perché dovrei rispettare la tua stupida opinione»? Sì, perché il problema è che, abituati per anni a dare ascolto a chiunque, a giudicare tutti degni di rispetto e comprensione, abbiamo dimenticato noi stessi, quel patrimonio ideale che è il modo di essere occidentale.

Abbiamo soprattutto dimenticato che quello che siamo non ci è piovuto dal cielo, non è una colpa che dobbiamo espiare quasi vergognandoci e annullandoci rispetto alle altre culture: è il frutto di una lotta incessante, di un processo di per-fezionamento durato secoli e che è quello che propriamente chiamiamo civiltà.

Ecco, il puto è questo: il rispetto, o anche la dignità, non è nulla di statico, di dato ad ogni uomo quasi come una proprietà naturale, ma è qualcosa da conquistarsi giorno per giorno, attraverso le azioni e i comportamenti. I diritti, su cui tanto insiste Rodotà, non esistono: esiste la lotta per meritarseli. Nessuno può garantirceli. Anche perché se ci vengono somministrati, casomai dallo Stato, perdono il loro valore e si convertono nel loro contrario.

Il perfezionismo e il paternalismo sono, a ben pensarci, i due più potenti nemici del liberalismo (una buona storia della critica del concetto è ora in Michael Rosen, Dignità. Storia e significati, Codice Edizioni).

Ritornando alla rudeness, alla cattiva educazione di cui parla Westacott, sovvengono anche le parole dette recentemente in un'omelia romana da papa Francesco, che, pur essendo sicuramente un grande comunicatore, abbiamo forse etichettato con troppa facilità come progressista.

Egli ha detto di non fidarsi di chi mostra affettazione e si fa innanzi «con parole morbide, con parole belle, con parole troppo zuccherate».
Avere un modo di fare scostante, persino intollerante, significa spesso onestà morale, credere in ciò che si pensa e non volere a tutti i costi piacere per un utile personale. Dietro un carattere burbero, spesso c'è un cuore.

E avere un brutto carattere significa quasi sempre avere carattere. Implacabile è la critica che Westacott fa del concetto di tolleranza, vera «vacca sacra», come la chiama, delle nostre società. Tollerare chiun-que, mostrare accondiscendenza universale, significa in sostanza aderire al relativismo, eliminare ogni gerarchia fra le persone e le culture.

In questo senso, non in ovviamente in quello dei radical chic, Westacott rivaluta anche lo snobismo, il «sentirsi superiori» agli altri in modo non velleitario. Anche perché, potremmo aggiungere, dietro un'ideologia che si presenta aperta quante altre mai, che propone una democratizzazione integrale («siamo tutti uguali"), finisce per crearsi inevitabilmente un altro potere: quello degli incompetenti, dei violenti o semplicemente dei furbi.

È un potere che esclude, perimetrando il proprio campo, quanto altri mai. E lo fa usando come clave armi improprie che rispondono ai nomi di Decenza o Decoro (vedi Tamar Pitch, Contro il decoro. L'uso politico della pubblica decenza, Laterza). Armi che tendono a normalizzare e a controllare i diversamente senzienti e pensanti. Contro di esse una dose di maleducazione è necessaria, anche perché la storia ci insegna che la scostumatezza di oggi è il nuovo e superiore costume sociale di domani. E d'altronde, quasi sempre, dietro l'arcigno moralismo dei censori delle cattive abitudini c'è l'ipocrisia di chi vuole dominare gli altri fermando la loro corsa.

http://www.dagospia.com/rubrica-29/Cron ... -68448.htm
Ultima modifica di oblomov il martedì 25 febbraio 2014, 7:47, modificato 2 volte in totale.

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