Aggiungo alcuni post al thread sull'Ampli Ideale, dapprima in forma di discussione a parte, per poi riunirli una volta raccolti i primi commenti.
Eravamo rimasti al problema delle protezioni di corrente ed al loro effetto sulla qualità all'ascolto: abbiamo capito che meno intervengono, meglio è. (e per far questo occorrono stadi finali realizzati con molti transistor in parallelo)
C'è però una categoria di amplificatori che non ha per nulla bisogno di queste protezioni: sono gli ampli valvolari, nei quali è la stessa valvola ad avere un preciso limite di emissione, il raggiungimento del quale di solito non procura danni, ma solo un precoce invecchiamento del tubo (e tanta distorsione, mai nefasta -all'ascolto- come quella negli ampli a stato solido).
Ora però passiamo ad affrontare un altro problema progettuale e realizzativo degli amplificatori audio: la loro permeabilità ai disturbi presenti nella/e tensione(i di alimentazione.
Partiamo dalla premessa che la progettazione e le realizzazione di alimentatori privi di spurie di rete è impresa assai più impegnativa rispetto a quanto molti credono. Gli ampli -infatti- non sono affatto un carico stabile e resistivo, come potrebbe essere una lampadina a filamento o un ferro da stiro tradizionale. Gli ampli, specie quelli a stato solido, presentano assorbimenti con variazioni istantanee anche assai cospicue e riflettono la reattività tutt'altro che contenuta dei carichi cui sono collegati (vale a dire i diffusori). Un alimentatore può essere stabilizzato e filtrato fino a produrre una tensione perfettamente pulita, su un carico stabile... ma quando gli si chiede di erogare alte correnti... beh... la questione si complica e non poco.
A questo punto vediamo insieme come si comportano i vari tipi di ampli, rispetto ai disturbi presenti nelle alimentazioni. partiremo da due esempi tipici di ampli a stato solido (transistor o mosfet), per poi esaminare quattro diverse tipologie di ampli a valvole. Utilizzeremo delle simulazioni con SPICE, che in questi casi sono incredibilmente vicine al comportamento del circuito realmente assemblato (se non sono stati compiuti errori o semplificazioni eccessive).
Iniziamo con il peggio del peggio, vale a dire con un ampli a transistor privo di controreazione totale, ma con il solito e comunissimo stadio di uscita a guadagno unitario, vale a dire controreazionato localmente, al 100 per cento. osservate bene lo schema qui sotto, che è semplificato al massimo possibile.
- PP di 3281-1302.png (26.62 KiB) Visto 1709 volte
Quello che vedete qui sopra è lo stadio di uscita del tipico ampli a transistor (3281/1302) da 130 watt su 8 ohm, nel quale abbiamo inserito una sorgente di disturbo V4, la quale immette una tensione di 5 Volt di picco, che arriva pochissimo attenuata al carico (la resistenza R9, da 8 ohm): per la cronaca al carico arrivano 3.17 Volt picco-picco per 5 Volt di "disturbo"...
Capite bene che questo tipo di ampli suonerebbe malissimo, a meno di non essere realizzato letteralmente senza badare a spese, vale a dire con un'alimentazione filtratissima e spianata fino all'inverosimile...
il che costa tanto, quanto basta a dissuadere qualsiasi progettista o costruttore. Infatti di ampli del genere se ne vedono pochissimi in giro...
Al loro posto troveremo ampli controreazionati, che infatti sono il 99 per cento ed oltre degli ampli a stato solido. Ne parliamo nel prossimo post.
Segue
F.C.