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da Luca Anzalone » domenica 23 maggio 2021, 15:47
Buona domenica a tutti!! A distanza di alcune settimane, reduce sia da alcuni giorni di vacanza che da un intensissimo periodo di lavoro, torno a suggerire l’ascolto di quello che reputo uno dei più grandi live jazz di tutti i tempi: Keith Jarrett At The Blue Note, The Complete Recordings. Registrato nel 1994 dall’ECM nel corso di tre notti di concerti, è una testimonianza fedele del livello di interplay raggiunto dal Keith Jarrett Trio. Dopo circa dieci anni insieme, la comunicazione tra i tre maestri, da telepatica divenne addirittura mercuriale. Nella loro sterminata discografia, questo cofanetto di 6 dischi, è il più completo ed appagante documento della loro arte all’opera; privo di qualsiasi taglio, edit, selezione di determinate tracce a discapito di altre, è un estensivo viaggio all’interno del loro modus operandi. La base, come sempre, sono gli standard della canzone americana, a cui si aggiungono alcune composizioni di Jarrett, e lunghe, anzi lunghissime improvvisazioni modali, dense, ipnotiche e ricche di incredibili scambi.
La registrazione, oltre ad essere un piacere a livello di definizione e dinamica, è uno dei rarissimi esempi di disposizione perfetta di un trio di piano, contrabbasso e batteria nello spazio. È veramente una boccata di ossigeno ascoltare finalmente il pianoforte collocato tra la sinistra ed il centro della scena, dove è giusto che stia nella realtà, piuttosto che quell’insopportabile pratica di spalmarlo dall’estrema sinistra all’estrema destra della scena acustica. Troppo spesso infatti, anche in registrazioni altrimenti buone o addirittura ottime, si assiste con frustrazione alla rappresentazione virtuale di una sorta di enorme tastiera volante: note gravi a sinistra, note medie al centro, note acute a sinistra, quasi fosse la visuale in soggettiva di un ascoltatore che è simultaneamente il pianista, alle prese con una testiera impossibile larga 6 metri. Stesso piacere e stesse motivazioni nel trovare la batteria tra centro e destra, con i vari componenti del kit chiaramente posizionati nello spazio, ma non col ride cymbal all’estrema sinistra, l’hi-hat all’estrema destra, la cassa e il rullante al centro e i tom ugualmente distribuiti in tutta la larghezza, difetto tipico di numerose registrazioni (spesso le stesse che trattano il pianoforte come descritto sopra). Il contrabbasso, centrale, è appena decentrato a sinistra, vicino all’incavo del pianoforte, come realmente si disponeva questo trio durante i propri concerti.
Il risultato lo definirei ideale: oltre sette ore di grandiosa musica, registrata magnificamente e con intelligenza (nota di merito al tecnico del suono, Jan Erik Kongshaug, che ha successo dove hanno spesso fallito James Farber e Martin Weiland), per quella che non si può non definire un pietra miliare del live jazz, un capolavoro allo stesso livello dei Complete Live at Village Vanguard di Bill Evans e John Coltrane e del Plugged Nickel di Miles Davis. Consiglio di centellinare un disco alla volta. Buon ascolto!!
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